martedì 8 settembre 2009

BUONGIORNO FOGGIA -Martedì 8 settembre 2009

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Commenti.


Tremonti incalza le banche: "Hanno beneficiato di misure anticrisi"

Continua l'attacco del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al sistema bancario.

"Non è possibile che le banche comandino sui governi e sulla politica”. Lo ha detto il ministro Giulio Tremonti al Tg1. “Non ha senso che siano più grandi dei governi, hanno in mente il loro bilancio, non il bilancio di insieme”. Questo “è un problema anche italiano: abbiamo un'economia fatta di piccole e medie imprese e abbiano un eccesso di concentrazione di banche a dimensione industriale che guardano troppo poco al territorio, alle famiglie agli imprenditori, alle persone”. Per Tremonti la questione dei bonus dei banchieri solleva “un messaggio più generale” che riguarda il ruolo delle grandi banche in relazione alla politica e all'equilibrio economico. Non ha senso, dice il ministro dell'economia, che siano più grandi del governo (in termini di risorse mobilitate) “tanto che poi quando hanno dei problemi questi diventano problemi dei governi”. Gli istituti di credito “hanno raccolto molti fondi pubblici soprattutto all'estero ma non danno sufficiente liquidità alle imprese”.

L'ultima critica riguarda gli ingenti sostegni pubblici erogati dai governi alle banche, sui quali il capo di via XX Settembre non ne fa mistero, anzi. "La quantità di denaro che i governi in Europa hanno servito al sistema bancario - sbotta da Cernobbio al termine del Workshop Ambrosetti - è la cifra incredibile di 5 trilioni, di questi, 1,5 sono serviti alle nazionalizzazioni, il resto è denaro che Bce e banche centrali hanno servito alle banche".

Insomma, si tratta di ingenti sostegni pubblici erogati dai governi alle banche. E così facendo, spiega ancora Tremonti, le banche hanno potuto "fare 'carry trade' prendendo denaro a zero e impiegandolo a tot". Solo che in questo modo, secondo il ministro, "anche i bambini sono capaci di fare le trimestrali". Di qui, le sue critiche su un problema di credit crunch: "Quanto di questo denaro - chiede provocatoriamente - va alle imprese? Noi vorremmo la massima quantità possibile, ma il problema è che vediamo che c'è una tendenza opposta da parte delle banche in tutta Europa".

"Dire no ai bond è contro gli interessi del Paese"
"Quando le banche dicono che i bond non servono, affermano una cosa contro l'interesse del paese": così il ministro dell'Economia continua la sua 'crociata' per smascherare le mancanze da parte del sistema bancario. E, rispondendo a una domanda sulla possibilità che alcuni istituti di credito rinuncino a questi strumenti, Tremonti ha sottolineato che questi strumenti non sono costosi, perché sono strumenti di capitale, e che "non sono fatti per le banche, ma per le imprese".Secondo Tremonti i bond studiati dal governo per rafforzare il mondo del credito sul fronte patrimoniale "sono un ponte che passa sulle banche per le piccole e medie imprese. Se sul ponte c'è un signorotto che gli va o che non gli va, non è giusto; le banche non fanno un favore al governo nel prendere i bond, semmai lo fanno all'economia".

Le Banche devono tornare subito al servizio delle Imprese. E’ quanto scrive Gian Luigi Paragone, oggi, sul quotidiano Libero. “Non è ammissibile che le banche, dirette protagoniste del disastro finanziario, quindi economico, escano per prime dalla crisi senza nemmeno pagare dazio. ( fosse solo così –diciamo noi- molte di esse hanno beneficiato dei soldi dello Stato, cioè di noi cittadini, per pararsi i buchi di quella crisi economica che il sistema bancario stesso aveva causato ) Le banche devono tornare al servizio delle imprese e dei cittadini e non sentirsi padrone delle fabbriche, della vita dei lavoratori e dei risparmiatori, se non addirittura della politica e del governo.

Le obbligazioni messe a punto dal governo dovevano servire non per salvare le banche, ma per aiutare le imprese a venire fuori dalla crisi. A maggiore ragione dobbiamo concordare con la linea di Tremonti, quando dà la misura del perimetro d’azione delle banche stesse. Le grandi dimensioni non corrispondono alle esigenze del Paese. Il sistema bancario non può essere di una taglia in più rispetto al sistema produttivo. La filiera industriale, quella artigianale, quella agricola, hanno bisogno di sportelli proporzionati.”

Ha ragione il ministro Tremonti ad alzare la voce con il sistema del credito. Perché le banche che sono state l’origine di questa caduta mondiale dell’economia e tante colpe hanno da farsi perdonare, hanno risparmiato in modo assai pericoloso sull’ossigeno che ora serve a piccole e medie imprese per non chiudere i battenti. Quella liquidità che generosamente gli istituti hanno ottenuto da governi e BCE permettendo di sostituire investimenti spazzatura con denaro vero e fresco non è stata restituita al sistema della clientela con la stessa generosità. Ritrovato l’ossigeno, i banchieri invece di fare il loro mestiere tornano a farsi sistema di potere, addirittura opponendosi al governo ed alle sue istituzioni democratiche.

Le Banche: Corpo estraneo allo Stato. Funzionano contro il Popolo. Lo dicemmo quando s'iniziò a parlare di Crisi.

Oggi che leggiamo le parole del nostro ministro dell'economia Tremonti, sul sistema di potere che le Banche hanno per vizio, su quanto il loro dare credito sia lontano dalla clientela e dall'azione programmatica del governo circa lo sviluppo economico del nostro Paese, non possiamo non cogliere in quelle parole un accenno d'impotenza del Governo Italiano rispetto alla ferma posizione che hanno ri-assunto le grandi Banche Italiane. Di conseguenza, non possiamo ignorare le grida di delusione e di sofferenza che provengono dai piccoli imprenditori che oggi si 'sentono' rifiutare il credito anche per investimenti di sviluppo dell'impresa. E comprendiamo, così come vorremmo lo avvertisse il Governo, che queste grida suonano sempre più della rabbia di questi imprenditori, i quali, altro che impotenza, si sentono vile merce di questi mercanti del danaro, spesso anche di quei pupari dei loro funzionari, che vestiti ogni giorno a festa con l'ultima griffe di cravatta o di scarpe, si credono in potere di mal-trattare il piccolo imprenditore che, vestito ancora della tuta di lavoro, hanno dinnanzi.

Quando in Italia si cominciò a parlare di Crisi economica, noi avemmo più il timore della Crisi all'italiana: le aziende già in procinto di chiudere e quelle banche che s'erano date agli affari all'americana. Tutte in crisi di liquidità e con una montagna di debiti. Comunque non meritevoli d'essere salvate col denaro pubblico, se non dopo avere sottratto financo dalle previsioni d'una crisi quelle aziende sane, e tra esse le piccole aziende, appena avviatesi. Era comunque il momento del riavvio dell'economia italiana. Che ben venisse. Però, invece di considerare prima la condizione reale della nostra economia, il Governo italiano, pensando ancora questa volta all'americana (il che qualche volta è peggio che pensare all'italiana), si fece venire l'idea di sostenere col denaro pubblico (del popolo italiano) prima le banche, certo che queste, tornate in liquidità, avrebbero poi fornito credito all'impresa. Il che non è avvenuto, per la mancanza tra Stato e Banche italiane di un contratto regolato con contrappesi punitivi, in caso di sua inosservanza. Il seguito lo intuimmo: i banchieri, presi i soldi dallo Stato, hanno risolto i propri problemi e non ne hanno per le imprese.

Che farà lo Stato per aiutare l'Impresa? Che stanno facendo Sindacati ed Associazioni di Categoria? Che fa la Confindustria? Basta con le chiacchiere ed il teatrino dei pupi.

A questo punto, anzi, diciamolo, dopo la denuncia di Tremonti alle Banche, è ora di passare ai fatti. Comizi e libri su questa situazione non servono, specie se sono gli imprenditori a doverne pubblicizzare la diffusione con le loro difficoltà di sopravvivenza. Lo Stato certo non è in grado di riprendere alle Banche il pubblico danaro elargito. Trovi quindi il modo di fare arrivare 'subito' il danaro occorrente a quelle imprese che lo meritano e che hanno bilanci ben messi. Dei Sindacati e delle Associazioni di Categoria diciamo che ancora questa volta, esse sono impegnate a fare soldi e a impiantare nuovi nodi di potere. Una imperdonabile delusione è la Confindustria, brava solo a fare palcoscenico al suo teatrino dei pupi, ovviamente a spese degli imprenditori italiani. gma