martedì 19 ottobre 2010

Quando a gestire la Crisi economica è una Politica in crisi.




La crisi finanziaria parte dagli Stati Uniti d’America, mette a terra l’economia delle principali nazioni del mondo. Nel 2009 arriva in Europa e fa temere che sarà l’Italia a subirne maggiormente i disastri, con discapito delle banche, delle sue aziende industriali e commerciali. Perché tra le nazioni industriali d’Europa, l’Italia ha i conti peggiori, il debito nazionale più in negativo, la ripresa industriale bloccata da anni. Tuttavia, non dimentichiamo che già prima che la crisi s’affacciasse nel nostro Paese, le imprese maggiori chiedevano allo Stato italiano incentivi per reggere la produzione e sollecitavano le banche nazionali a concedergli crediti maggiori. Allora, le medie e piccole imprese italiane manifestarono il timore che tale richiesta moltiplicasse la loro difficoltà a trovare crediti presso le banche, nonostante il fatto che esse, per numero, quantità di produzione, opportunità d’impiego, registrassero numeri ben maggiori che quelli della grande industria. Ciò significa che la grande impresa italiana era già in difficoltà, prima che arrivasse la grande crisi, quella internazionale. Sarebbe utile dare un’occhiata alle esposizioni che esse avevano in conto di passività con le banche. Invece le medie e piccole imprese italiane, con le loro medie e piccole esposizioni, non costituivano un vero problema, se non per il fatto che esse erano tante. Eppure, le banche italiane, quando il discorso crisi prende piede nella coscienza degli italiani, mentre mettono ordine ai loro bilanci, rastrellano liquidità presso la clientela, rivolgendosi proprio alla parte più debole, quella trascurata dalla politica, vale a dire alle piccole e medie imprese italiane. Così alla crisi, già strutturale della grande azienda italiana, s’aggiunge quella della ridotta liquidità economica della piccola e media impresa, provocata dalle banche. Difatti, ad esaminare i dati della produzione, relativi alle medie e piccole imprese italiane, se ne ricava che la loro crisi produttiva non dura che pochi mesi, in effetti, da marzo a maggio dell’anno 2009, con un calo delle commesse di circa il trenta per cento. A giugno successivo, esse prendono a recuperare. Da questi dati, la situazione Crisi, nel nostro Paese, risulta essere più un fatto politico. Anzi, si può sostenere che la Crisi, in Italia, è più crisi politica che crisi economica. Non che la nostra economia stesse bene quando sopravviene la Crisi. Ma pensiamo che i suoi aspetti soliti, siano stati forzati, strumentalmente e politicamente, dai grossi gruppi economici nazionali, già in difficoltà, per promuovere provvedimenti governativi straordinari, atti a sistemare le loro vecchie sofferenze finanziarie ed economiche. Ricordiamolo quel periodo. Il governo italiano, anche per stare in linea con le azioni di contrasto alla crisi internazionale assunte dai membri dell’Unione Europea, dopo avere rassicurato i risparmiatori italiani che le banche nazionali erano solide e non si trovavano dentro la ‘bolla’ debitoria della finanza internazionale, passa subito a stanziare grosse somme di denaro, a copertura dei provvedimenti attuati a sostegno della produzione. Ad esempio la rottamazione nel settore industriale delle autovetture e degli elettrodomestici. Intanto le banche stendono le loro liste di rientro dei crediti concessi, indirizzate ai clienti piccoli e medi imprenditori. Intanto la Politica s’attrezza lo scenario più adatto per confondere il popolo elettore, mentre nel retroscena maneggia grossi favori di servizio per i grossi gruppi di potere. Intanto i sindacati nazionali, più che unirsi intorno al tavolo di una sana concertazione per prevedere i reali punti d’intervento sulle reali conseguenze di questa crisi, cedono i loro favori alla politica di maggioranza o a quella dell’opposizione. Il che è ben diverso dall’intervenire in sostegno del popolo. Intanto, nel nostro Paese, la disoccupazione riprende a salire, stante il fatto che la grossa impresa, ma anche tanti imprenditori avventurieri, approfittano di questo momento per forzare ogni precedente accordo preso con i lavoratori, in cambio ovviamente di benefici provenienti dallo Stato, per ripulire i loro organici esuberanti, sì, ma da molto tempo prima di questa crisi. E’ uno scenario non nuovo in Italia. Che anzi si ripete. E’ il ricorrente periodo di confusione. Questa volta legato frettolosamente ed arbitrariamente ad una crisi economica globale, in cui la Politica italiana e il Potere Economico nazionale rimestano a piene mani per aggiustarsi i loro conti, a spese ovviamente della nostra società. La Politica italiana, in questo periodo, mostra per intero la crisi d’idee in cui s’è impaludata da tempo. Tutta la Politica: di destra, di sinistra, di centro. Elementi sintomatici di questo suo stato decadente, sono le continue notizie di scandali, di corruzioni, di abusi, in cui si trovano coinvolti ministri, senatori, onorevoli, eletti regionali, provinciali, comunali e quant’altri. Una cosa è certa: il debito della nazione, anche a causa degli elevati costi della stessa politica, non riesce a diminuire. Le sue dimensioni sono tali che la Banca dell’Unione Europea fa dell’Italia una variabile economica da tenere sotto osservazione. Per questo motivo, forse, alla guida della Finanza il nostro Paese si trova un ministro severo e rigoroso, che tiene stretti i cordoni di una borsa contenente poco denaro liquido e quindi possibilità di spesa contenute. Eppure la nostra Politica è in continua contesa, perché ce n’è una parte che vorrebbe risolvere i problemi dei lavoratori disoccupati, delle famiglie in difficoltà, senza tenere conto dei conti pessimi che registra il bilancio del nostro Paese. Un Paese che invece produce grossi numeri: tra gli acquirenti di case, di auto, di elettrodomestici, di telefonini e tecnologia web, mettiamoci dentro anche coloro che viaggiano per divertimento, i proprietari di imbarcazioni da diporto e, gli evasori del fisco. Non dimentichiamo i costi eccessivi della Politica, dei Partiti d’ogni colore e interesse. Sembra proprio che l’Italia sia in crisi a causa d’una Politica in costante depressione e disfacimento. Auguriamoci che, dimenticata la Crisi finanziaria globale, qui in Italia, il popolo elettore decida per una Politica nuova, appagante per quel benessere di vita che piace agli italiani. gma