mercoledì 4 luglio 2012

AMICA SPA L'AZIENDA COMUNALE FOGGIANA PER LA RACCOLTA DEI RIFIUTI E’ FALLITA ANCHE PER IL TRIBUNALE DI BARI.

CON AMICA FALLISCONO: LA POLITICA LOCALE, L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE, IL SINDACO MONGELLI. SFIDUCIAMOLI E… TUTTI A CASA.

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Amica è fallita, in 300 rischiano il posto
I ricorsi del Comune non vanno in porto

La decisione della Corte d'Appello di Bari. Sono attese
le motivazioni delle sentenze. È corsa ai nuovi contratti.

FOGGIA - Non c'è più speranza di salvare la società comunale Amica spa. La Corte d'Apello di Bari ha confermato il fallimento della società. Le sentenze sono state depositate in tarda mattinata. Secondo le prime indiscrezioni, su un ricorso presentato dal Comune i magistrati hanno dichiarato l'inammissibilità, mentre su un altro sarebbe stato rigettato. Le motivazioni, attese da oltre un mese, sono contenute in una cinquantina di pagine.

IL CLAMORE - La notizia si è diffusa presto a Foggia. Forze politiche e sindacati hanno tempestato di telefonate l'ufficio di gabinetto del sindaco per ricevere conferme. L'Amica, che è già in esercizio provvisorio da gennaio scorso, ha oltre 300 dipendenti. Nelle prossime ore dovrà essere firmato un nuovo contratto di servizio, ma c'è più di un ostacolo da superare. Sul fronte politico la conferma del fallimento avrà sicuramente conseguenze sulla crisi già in atto sulla giunta guidata da Gianni Mongelli.

Antonella Caruso -03 luglio 2012 –Il Corriere del Mezzogiorno.

Sembra che la conferma del fallimento di uno dei servizi primari che l’Amministrazione comunale di Foggia deve assicurare alla cittadinanza, quello della raccolta dei rifiuti e della pulizia dell’ambiente, debba essere letto nella sentenza tribunalizia di una Corte d’Appello, quella di Bari e, peggio, nelle motivazioni in essa contenuta. Quando invece la Città di Foggia è condannata a vivere da anni col cumulo di rifiuti che lordano le sue strade, i marciapiedi, le aiuole, i giardini. Ciò, per l’incapacità manifesta di una politica locale che, ormai, è ridotta alla potestà antidemocratica di qualche piccolo oligarca di provincia. Il sindaco e gli amministratori e i politici locali forse non frequentano le strade cittadine, parco san felice, la villa comunale. Così hanno aumentato ai foggiani la tassa sulla raccolta dei rifiuti urbani, senza che esistesse un servizio degno di tale nome. Forse i giudici d’appello di Bari ne sapevano di più ed hanno sentenziato che l’Amica spa, consociata del Comune di Foggia per la raccolta rifiuti, cessasse per manifesta incapacità dei suoi amministratori, ovvero politicanti buoni solo per ammonticchiare debiti, per depauperare il patrimonio in beni e attrezzi della società, senza pagare i fornitori, senza tenere pulita Foggia. Oggi che il fallimento dell’Amica spa è stato dichiarato definitivamente, sentiamo parlare di trecento operai dell’Amica che rischiano di perdere il posto… A causa d’una sentenza di fallimento? Che pure serve a tutelare i creditori della spa? No. Anzi, ed i sindacati riflettano, riteniamo che non solo il piano di lavoro, ma anche quello dell’organico dell’Amica, meriterebbero una giusta indagine da parte della Magistratura. Perché l’Amica spa è uno dei mostri generati dai lestofanti che affollano la politica locale, i cui adepti, privi di titoli e merito, affollano le istituzioni cittadine, mandando al fallimento ogni ufficio pubblico.

Ciò si legge tra le righe con cui la Corte d’Appello di Bari motiva la sentenza di fallimento dell’Amica spa del Comune di Foggia, la quale chiama in causa assessori comunali, dirigenti, tecnici, consulenti strapagati. Ne viene fuori una insulsaggine singolare e certo una azione delinquenziale colpevole durata per oltre un decennio in danno dell’intera comunità di Foggia. Alle quali non può il Sindaco Mongelli dichiararsi estraneo. In verità, dopo questa circostanza, egli ha manifestato l’intento di dimettersi. Lo faccia, Sindaco Mongelli. Lei non è stato un buon Sindaco, né potrà mai esserlo. Lo faccia per il bene di questa comunità. Nella speranza che essa reagisca a questo stato della politica; che si liberi delle chiacchiere dei vari partiti; che acclami come sindaco un cittadino onesto ed amante del bene di Foggia.

Chiudiamo riportando l’analisi sul tema, ad opera di un bravo giornalista foggiano.

Un tracollo dopo anni di sprechi clientele e contatti con la malavita

di FILIPPO SANTIGLIANO

A scorrere la sentenza dei giudici d’appello del Tribunale di Bari, gli stessi che in un primo momento avevano accolto un altro ricorso contro il fallimento di Amica, c’è da rimanere sorpresi se non stupiti. Nel lungo elenco di commi, codicilli e richiami di legge emerge una fotografia plastica della sciatteria, a questo punto bisogna chiedersi se per scelta, che ha accompagnato la difesa della ex municipalizzata davanti ai giudici di appello di Bari e che chiama in causa il drappello di tecnocrati e consulenti (già pagati) che dovrebbero forse rispondere più compiutamente alla città del lavoro fatto (male). I giudici del Tribunale di Bari, infatti, fanno riferimento ad un «approccio difensivo » complessivamente errato, senza il sostegno di indicazioni precise e, soprattutto, di «un progetto di risanamento». Ovvero numeri. Anche i riferimenti alla costituzione di società miste pubblico privato, secondo i togati d’appello del capoluogo regionale, non avrebbero avuto riscontri e soprattutto «praticabilità effettive».

Non è tutto. Il voluminoso piano di risanamento aziendale sarebbe stato sottoscritto con sigle, e non con firme in calce, senza date e per di più con l’ultima pagina anonima. Assurdo. Insomma, se questi sono gli atti è chiaro che l’epilogo non poteva che essere negativo. Sono tante, dunque, le zone d’ombra che accompagnano la conferma del fallimento della ex municipalizzata Amica e a nulla è servito il ricorso del ministero dell’Economia e dello sviluppo che, unico caso in Italia, aveva dato il suo assenso preventivo all’ammissione dell’Amica alla legge «Prodi bis», la salva aziende, quella utilizzata per intenderci da Alitalia, Parmalat e dall’azienda per la raccolta dei rifiuti di Palermo (per restare al core business della contesa giudiziaria). Così alla fine ha fatto più testo la relazione negativa del commissario giudiziale, Francesco Perrone, nominato proprio dal ministero dell’Economia per traghettare l’Amica verso l’amministrazione straordinaria. Relazione negativa che, in un certo senso, è stata appunto sconfessata dal ricorso del ministero dell’Economia in sede di appello ma nel dibattimento, come sempre, fanno testo gli atti. E tra gli atti, evidentemente più credibili del voluminoso piano di risanamento, vi era appunto la relazione del commissario giudiziale.

Ora, a parte la questione della continuità del servizio (l’esercizio provvisorio concesso dal giudice delegato al fallimento scade il 31 dicembre di quest’anno) e della tutela dei livelli occupazionali (in tutto 350 dipendenti che si occupano di raccolta e anche degli impianti di trattamento dei rifiuti), il timore è che il fallimento dell’Amica possa travolgere l’azione triennale di risanamento dei conti comunali e portare il Comune al dissesto. L’ex municipalizzata per la raccolta dei rifiuti viene indicata da sempre come il «tallone di Achille» dell’architettura del risanamento del Municipio. E non poteva essere altrimenti con quei conti in rosso fissati alla data del 30 giugno 2011: 57 milioni 820mila euro.

In quel disavanzo, spaventoso, c’è la sciatteria, lo spreco e il clientelismo di anni di mala politica e mala gestione. Ma anche altro. Di malavita. Come accertato dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari e dalla Procura della Repubblica di Foggia con l’operazione «Piazza pulita» che, nei primi giorni di aprile, portò all’arresto di nove persone (tra cui l’ex presidente di Amica, Elio Aimola) con accuse varie: dall’estorsione alla corruzione per favorire imprese e cooperative esterne legate ad organizzazioni criminali, fino al pagamento di stipendi ad operai e impiegati presenti al lavoro solo sulla carta ma di fatto assenteisti.

05 Luglio 2012