venerdì 10 settembre 2010

IL DISSESTO DEI CONTI DEL COMUNE C’E’ O NON C’E’? C’E’.

La riunione del Consiglio Comunale del 9 settembre scorso doveva dare una risposta ai rilievi della Corte dei Conti.
Il Sindaco Mongelli e la maggioranza: Siamo responsabili delle scelte che influenzeranno il futuro dei foggiani nei prossimi dieci anni. Sono 50 i milioni di euro da recuperare nei prossimi tre mesi. Nessuno vuole tirare a campare.
Comincia la vendita dei beni immobiliari del Comune per ripianare i debiti.
L’Opposizione: Non ci sono risposte ai rilievi della Corte dei Conti. Il Sindaco si dimetta.

La cittadinanza ha voce soltanto attraverso i consiglieri.



Il Sindaco può raccontare la favola che vuole a proposito del dissesto in cui versano i conti del nostro Comune. Ma non cerchi di fare il furbo e, soprattutto, non creda di convincere i suoi concittadini che il dissesto non c'è. Il dissesto c’è. Anzi, il monte della debitoria è superiore alle cifre che da tempo vanno e vengono da palazzo città. Tanto è che esse non sono mai diminuite, anzi, aumentano ogni volta che i revisori comunali chiudono un capitolo delle verifiche che hanno in corso e che sembrano interminabili.

Mongelli vuole tirare a campare. Egli nega anche questo fatto. Fa parte del suo delirare, scientemente, perché vuole tirare a campare con la sua giunta, nella quale ci sono politici delle precedenti amministrazioni comunali. Quelle durante il cui governo avvennero gli sprechi insani che indebitarono oltre l’amministrativamente consentito, oltre ogni immaginabile, tutti i cittadini foggiani.

Ricordiamo che i rilievi mossi dalla Corte dei Conti regionale sono scaturiti dalla verifica dei conti consuntivi 2007 e 2008, della precedente amministrazione comunale, quella dell’ex sindaco Ciliberti, di centrosinistra; che l’attuale sindaco, Mongelli, è espressione di quella stessa sinistra.

Se analizziamo i suoi continui richiami alla propria responsabilità attuale, intrinseca nella carica di sindaco, ci viene da considerare che oggigiorno egli può scegliere tra due ‘strade’, entrambe disastrose per la popolazione di Foggia. Qualsiasi sua decisione provocherebbe le stesse angosce ai foggiani.

Dichiarerà formalmente il dissesto e consegnerà la città di Foggia nelle mani di un commissario? Oppure sceglierà di gestire con la sua amministrazione il risanamento dei conti comunali?

Che cambierebbe? Le conseguenze economiche per i foggiani sarebbero le stesse: aumento delle imposte comunali e delle tariffe dei servizi pubblici e sociali, i relativi servizi ridotti in qualità ed erogazione.

La scelta, la responsabilità della scelta, questa volta dovrebbe essere lasciata direttamente ai cittadini foggiani, altro che ad una inesistente responsabilità del Sindaco e dei suoi consiglieri.

La debitoria del Comune, qualunque sia, realmente ed esattamente, dovranno pagarla i foggiani.

Che siano essi a decidere, direttamente.

Essi dovrebbero pronunciarsi anche su un particolare importantissimo: Dire se si sentono più garantiti se la gestione del risanamento economico va nelle mani di un commissario governativo o in quelle dell’attuale amministrazione. Si sa invece cosa ne pensa il Sindaco: Il dissesto è una iattura, un peso insopportabile per la città”. Perché poi? se egli subito dice : “Per il risanamento, nei prossimi dieci anni, adotteremo misure molto prossime a quelle previste dalle norme sul dissesto: misure forti e impopolari.” Allora è la figura del commissario governativo a non piacere al Sindaco, alla politica locale che lo sostiene e dal quale a sua volta è assecondata. Ma la dichiarazione di dissesto finanziario è poi di tanta iattura? Sembra di no, a scorrere uno studio recente in materia - aprile 2010 -, elaborato dal Ministero degli Interni:

Sicuramente la normativa del dissesto finanziario ha consentito, nei comuni dove è stata applicata, una sorta di rivoluzione culturale ed un ammodernamento delle strutture burocratiche ed ha favorito l’instaurazione di rapporti fiduciari e collaborativi fra Amministrazione centrale ed enti locali. Nella maggioranza degli enti dissestati il risanamento ha funzionato, soprattutto nei piccoli comuni che, dopo gli anni del dissesto, sono fioriti in modo sostanziale ed evidente anche per la cittadinanza. Nelle Regioni con difficoltà socio-economiche più rilevanti rispetto ad altre (Campania, Calabria, Puglia) gli enti che hanno dichiarato il dissesto già esteriormente mostrano una diversità rispetto a quelli limitrofi, con piazze ristrutturate, impianti sportivi funzionanti, servizi pubblici adeguati, ecc. Ciò è facilmente spiegabile, con quanto il dissesto ha trasfuso nella struttura burocratica, politica ed ai cittadini stessi, che può essere riassunto nei seguenti punti:

a) rimozione delle cause che negli anni hanno portato al collasso finanziario ed alla conseguente perdita di credibilità da parte del cittadino nei confronti della politica locale in particolare e di quella statale in generale,

b) nuova cultura del fare come concezione dell’Ente al servizio della cittadinanza con regole chiare all’insegna dell’efficienza, efficacia e funzionalità. L’Ente locale risanato si trova a gestire un bilancio più sano. Esso presenta in genere avanzi di amministrazione, il contenimento delle spese diviene abitudine di sana gestione della “cosa pubblica”, l’elevazione al massimo delle tariffe e la lotta all’elusione ed all’evasione non sono più un provvedimento straordinario ma diventano gestione ordinaria.

Il dissesto ha portato allo scoperto la vera realtà locale sulla quale si deve lavorare per arrivare ad un giusto decentramento e per garantire a tutti i cittadini l’effettivo esercizio dei diritti della persona, perché ognuno deve poter godere dei livelli ottimali dei servizi pubblici. L’analisi dell’Ente dissestato, da quello più piccolo a quello capoluogo, ha portato a galla tutti i problemi che in modo meno accentuato ancora persistono anche nei cosiddetti enti “sani”. La cattiva gestione della pubblica Amministrazione deriva dal disinteresse per ciò che è il bene collettivo, da una dotazione organica spesso demotivata e non preparata, da una generalizzata cattiva informazione su tutte le possibilità di crescita a qualsiasi livello, sociale, tecnico, finanziario, da un inadeguato sviluppo dellerisorse proprie e da una carente fruizione di quelle derivate. Il risanamento finanziario ha invece insegnato agli enti a trarre il massimo beneficio con il minimo dispendio e, soprattutto, a concepire la gestione comunale come servizio della cittadinanza. Per fare questo ci sono voluti anni, sia per addivenire ad un radicale cambio della struttura locale che per cambiare le abitudini dei cittadini.”

Quanto trascritto non è lo spot pubblicitario pro dissesto finanziario dei comuni. Né con esso vogliamo dire che il dissesto finanziario del nostro Comune sia la soluzione migliore per i cittadini. Siamo sempre al ‘peggio’. Condividiamo però l’asserzione che la cattiva gestione della pubblica Amministrazione, il suo disinteresse per ciò che è il bene collettivo, il non concepire la gestione comunale come servizio della cittadinanza, un organico amministrativo spesso demotivato e non preparato, una generalizzata cattiva informazione su tutte le possibilità di crescita a qualsiasi livello, sociale, tecnico, finanziario, sono questi i fattori che portano i comuni al dissesto. Ovviamente se queste ne sono le cause oggettive, i soggetti responsabili sono gli amministratori, le amministrazioni, che tennero questi comportamenti, perfino i partiti della politica al governo comunale.

Coloro che tentano di annacquare queste responsabilità, tirando in ballo il disinteresse generalizzato dei cittadini verso la città, verso (contro) la politica locale, se non sono in mala fede sbagliano. Nel consiglio comunale tenutosi oggi, a decidere per noi foggiani è stata comunque la stessa politica ‘malata’ che ha male amministrato il Comune di Foggia e che oggi ha ritenuto di ‘doversi’ assumere la continuazione di quella responsabilità, scegliendo per i foggiani 10 anni di durissime privazioni.

In capo a questa massiccia responsabilità s’è (im)posto l’attuale Sindaco, per sua ambizione personale, per la presunzione (sono sue parole) “di dare alla sua amministrazione una prospettiva politica per il futuro”.

Mentre tutto ciò accade (ad apparire è sempre il meno), noi continuiamo a pensare sulla necessità di dare ai nostri concittadini un Comitato per il controllo della politica territoriale. gma