lunedì 2 agosto 2010

UNA POLITICA SENZA AGGETTIVI

INVECE... LA POLITICA CORROTTA.

La politica, come sistema di governo e di gestione delle risorse pubbliche, è considerata dal popolo come la massima espressione della sovranità popolare. Per ciò tutti la pretendono giusta, democratica, efficiente, come si vuole che sia la società.
Questa rappresentazione generale e semplicistica della politica, oscillante tra il potere dello stato ed i servizi da valere alla società, è spesso trattata con ipocrisia, per non incidere sulla genericità di una opinione tanto popolare. Fa comodo a chi ha in mano il potere effettivo di una nazione, lasciare credere che siano le qualità della classe politica governante a determinare lo stato economico e il benessere sociale della popolazione. E quando le attese della società non si realizzano? E’ interamente colpa della politica.
Tra le condizioni di una cattiva pratica dell'amministrazione statale, la peggiore è forse quella della politica corrotta. Una situazione, questa, da denunciare pubblicamente, da processarsi sommariamente, al fine di liberare il sistema dal guasto, senza tuttavia spingere in direzione della corruzione e dei corruttori.
In realtà, tra lo scenario vasto e complesso della politica, si nasconde il potere dei gruppi economici e finanziari di una nazione, di un territorio, di un’area geografica. Là si nascondono i manovratori diretti del potere originale ed influente, quello di chi gestisce, orienta, distribuisce i proventi della ricchezza nazionale e internazionale.
Dietro la politica e l’affare società si nasconde, quindi, il potere economico e finanziario di gruppi, il cui interesse finale è quello di realizzare per sé profitti, controllando la gestione delle risorse pubbliche.
Questo sistema di potere funziona meglio all’interno di una società democratica, sovrana, dotata di un sistema costituzionale e legislativo che ha come idea di base l’equilibrio tra i diversi poteri. Questo perché le società che attuano ordinatamente una politica democratica, sviluppano meglio la crescita economica e sociale, secondo il criterio del mercantismo e dell’arricchimento.
All’interno di un tale tipo di società, il potere economico e finanziario, senza darlo a vedere alla popolazione, controlla il sistema politico pubblico e, standosene defilato dalla politica, gestisce i proventi dell’economia del paese, arricchendosi.
Capitalismo, consumismo, mercantismo, alta finanza? Dal denaro corruttore scaturiscono i problemi sociali: dal denaro facile, alle speculazioni, sino alla corruzione dell’apparato dei governanti.
Fino agli anni novanta ed alla cosiddetta Tangentopoli, il potere finanziario ed economico italiano s’è servito della forza corruttrice del denaro per controllare il potere politico, quello dei partiti di governo. Ci riferiamo al finanziamento illecito ai partiti, a ministri, deputati, senatori italiani, senza distinzione tra appartenenti alla maggioranza o alla minoranza di governo. Il fenomeno della corruttela imperava non solo a livello di governo centrale; esso funzionava in ogni livello d’istituzione: regione, provincia, comune. Strumento della corruzione era la tangente, una sorta di ‘tassa’ richiesta nella concessione degli appalti per lavori pubblici, oramai ridotti ad occasioni per il malaffare. In questo periodo, sino a Tangentopoli, il potere finanziario, come accennavamo, controllava il nostro sistema di governo, rimanendone fuori. Esso finanziava i partiti allo scopo di guadagnarsi una zona grigia, in cui l’azione dello Stato rimanesse meno efficiente e trasparente. Il flusso di questo denaro divenne così forte e diffuso, peraltro ciò risulta dalla letteratura di commento a Tangentopoli, da assumere e corrompere in poco tempo tutto il sistema politico italiano.
Se la corruttela in origine era finalizzata alla raccolta di danaro, sempre illecita, necessaria per finanziare l’attività dei partiti, poi essa fu strumento degli appetiti personali di uomini politici e dei loro gruppi di lavoro. Comprensibilmente questa corruttela, da mezzo di controllo e di pressione usato dai grandi gruppi economici sulla politica, si ribaltò in mezzo di ricatto da parte della politica italiana in danno delle lobby. Strutturalmente la cosa non funzionava più secondo gli intenti originari dei lobbisti. Molto probabilmente il potentato finanziario ed economico italiano, costituito non solo da gruppi nazionali, decise di reagire per sottrarsi ad una politica insaziabile.
Riteniamo che da questo stato di cose venne fuori Tangentopoli. Solo un forte potere economico, finanziario, con la sua denuncia, poteva manovrare la magistratura italiana contro il sistema dei partiti e della politica nazionale. Tangentopoli, non fu certamente, come risulta da certa letteratura sulla materia, l’atto spontaneo e dovuto di un potere statale, efficiente e ligio ai suoi compiti istituzionali, contro il fenomeno di un governo corrotto. Fu una parte della magistratura, furono pochi magistrati di Milano, che muovendo da precise denunce d’ignoti, che erano comunque attori d’alto profilo, presero d’assalto in maniera programmata (da grandi cervelli, non certo quello di magistrati) ed in modo scientifico la politica che governava il nostro Paese. Partiti storici come la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano, il PSDI, il PLI, il PRI sparirono o furono fortemente ridimensionati, tanto da far parlare di un passaggio ad una Seconda Repubblica.
Ricordiamo velocemente, per pura menzione, come molti magistrati di quella tornata di giustizialismo, invece che essere promossi in carriera, all’interno del loro ufficio, si trasferirono essi stessi in politica in nome dell’affermazione della legalità. E sopravvenne una nuova Politica, nel nome di una seconda (rinnovata) Repubblica, che gli elettori vollero basata sul sistema maggioritario. Ne venne fuori il bipolarismo, una semplificazione della politica italiana, fino ad allora dispersa in troppi partiti, che avrebbe dovuto restituire all’azione di governo funzionalità, coerenza.
Era il momento giusto, affinché la seconda repubblica attivasse in Italia un sistema di governo moderno, in linea con la prospettiva politica dell’Unione Europea, capace d’adeguare le risorse produttive del paese Italia ad un mercato orientato verso la globalizzazione. Era momento che la politica introducesse riforme adeguate, per far funzionare bene la macchina dello Stato, per rendere finalmente l’azione dello Stato efficiente e trasparente, per risolvere il problema della corruzione.
Invece il potentato economico e finanziario italiano, raggiunto lo scopo di azzerare la preponderanza della vecchia politica, aveva già studiato come controllare direttamente il nuovo sistema di governo, facendo eleggere i suoi uomini di fiducia all’interno dei due poli ai quali era stato ridotto il sistema di governo italiano.
Il lobbismo entrava direttamente nella politica italiana. Per incidere sulle istituzioni legislative, in difesa degli interessi delle grandi aziende italiane ed internazionali. Il che non significava necessariamente una politica di corruzione, d’imbrogli, di loschi affari. Tuttavia è innegabile che la politica italiana, con la seconda repubblica, assunse una dimensione diversa, tutta da comprendere, specie da parte del popolo italiano, la cui sovranità divenne cosa diversa rispetto ai tempi passati: sia per il fatto di non eleggere nominativamente i suoi rappresentanti, sia per il fatto che questi, essendo nominati dal partito, rappresentavano e tutelavano innanzitutto gli interessi di posizione delle lobby di potere di cui erano espressione.
Insomma, lo stato attuale della politica italiana, lascia pensare che il popolo, senza esserne consapevole, ha ceduto una parte della propria sovranità ai gruppi affaristici, senza mai ottenere una serie di leggi garantiste della trasparenza dell’azione di governo e della pubblica amministrazione. Tanto è vero che ancora oggi, la corruzione della politica rimbalza dai ministri della repubblica italiana ed arriva sino ai consiglieri dei comuni italiani. Anche questa politica non porta da nessuna parte, considerato che essa non è potere d’espressione della società, né è al servizio delle necessità collettive. Tutto questo vale una politica senza aggettivazioni utilitaristiche, morali o etiche. gma