“FOGGIA NON DEVE MORIRE” strilla in testata il manifesto della Segreteria cittadina del PSI. Segue quella che viene definita una “attenta analisi a tutto campo in merito ad alcune problematiche che da tempo stanno gravemente danneggiando l’immagine del Comune di Foggia: 1- la grave situazione debitoria del comune che sta portando al fallimento i creditori che non ricevono il pagamento dei lavori effettuati; 2- il mancato pagamento da vari mesi dei salari ai lavoratori dei servizi…; 3- l’intollerabile ed insostenibile situazione igienico sanitaria dovuta alla mancata raccolta dei rifiuti…; 4- l’aumento della TARSU…” In chiusura la segreteria del partito “INVITA il SINDACO e tutte le forze politiche di maggioranza del Comune di Foggia a porre in essere tutti gli adempimenti politici ed amministrativi al fine di affrontare e risolvere una volta per tutte le problematiche sopra esposte”.
Uno sproloquio dall’inizio alla fine, sta’ roba incartata dai politicanti socialisti. Un’arringa senza analisi, in favore dei lavoratori dei servizi non pagati dal Comune di Foggia, quindi l’invito al Sindaco a …pagare, sennò Foggia muore. Ma questi socialisti dove stavano mentre gli amministratori del Comune di Foggia si mettevano su una debitoria da record? Nel corso di dieci anni questa città ha perso pezzi da ogni parte, mentre il deficit di cassa del Comune aumentava. I lavoratori, di chi sa quale progetto di servizi per il cittadino foggiano, venivano pagati sì, ma grazie al rinnovo di mutui debitori e con l’accumulo di nuovi e continui interessi passivi a carico della comunità foggiana. I socialisti di quell’epoca quale ‘analisi a tutto campo’ facevano? Non c’erano al Comune? Non giravano in lungo e in largo per i saloni della politica di Palazzo Città? SE FOGGIA MUORE è anche a causa del loro pretestuoso modo d’immischiarsi nella politica. Come per intero dimostra il cavilloso contenuto del manifesto in questione.
Ed ora passiamo all’altro manifesto, quello per opera del consigliere comunale dell’opposizione, Bruno Longo, titolato “FOGGIA MUORE: IL SINDACO SE LA RIDE”. Una battuta beffarda, ma per nulla pesante rispetto all’elenco di accuse che il manifesto contiene: a carico del Sindaco, della maggioranza consiliare. Accuse gravi quelle di Longo. Senz’altro da vagliare nella sede giurisdizionale competente. Esse andrebbero chiarite anche alla comunità foggiana, che sarebbe l’unica vera parte lesa economicamente, vittima di una politica comunale denunciata come affaristica e illegale. Certo, il Sindaco Mongelli (non ne dubitiamo, sempre sorridente) e Bruno Longo, questa volta se le danno di santa ragione. Si tratta di due caratteracci poco apprezzabili: Longo è un rabbioso, Mongelli uno strafottente. Entrambi dovrebbero lasciar stare la politica, che è fare concreto, positivo, misurato in ogni sua espressione. Essi, invece, sono sempre i protagonisti d’un sistema locale della politica da sfacelo. Longo, nel suo manifesto, accusa il sindaco Mongelli “imprenditore edile di sinistra” di illegalità e affarismo. “Con il pretesto di un risanamento finanziario (del Comune di Foggia) – sostiene Longo – un gruppo di potere politico-imprenditoriale famelico e parassita determina le scelte amministrative più importanti, come le varianti urbanistiche, come la vendita dei beni comunali … intanto l’illegalità regna sovrana al comune di Foggia, con la complicità di certa dirigenza, che contro ogni principio morale e legale interpreta le delibere del consiglio comunale a favore sempre degli imprenditori e contro gli interessi della pubblica amministrazione”.
Come replica Mongelli sindaco?: 'Le conclusioni del consigliere Longo generano confusione nell’opinione pubblica e comunque sono risibili'.
Intanto il consigliere Longo ha aggiunto alla sua produzione di scritti-denuncia l’ultima fatica, che riportiamo letteralmente, senza commento alcuno.
"- da Bruno Longo il 20 luglio 2011. Con le improvvise e inaspettate dimissioni del Segretario Generale del comune di Foggia, dr Giuseppe Ferrara, si evidenzia in maniera inequivocabile la insostenibilità di una azione amministrativa che ha vissuto e vive, da circa due anni, più con giochi di prestigio, sotterfugi e furbate, a volte illecite ed illegali, piuttosto che su di una seria e rigorosa programmazione politico-amministrativa. Dopo l’abbandono dell’assessore Lo Muzio con delega all’urbanistica, che non condivideva la lunga stagione delle varianti edilizie, iniziate da Ciliberti e concluse, alla grande, dal sindaco-imprenditore Mongelli, oggi la fuga del dr Ferrara, in un momento cruciale e difficilissimo delle sorti contabili-finanziarie del comune di Foggia, a seguito delle pronunce della Corte dei Conti che insiste sul dissesto finanziario, testimoniano il fallimento su tutta la linea del centrosinistra, incapace di comprendere la giusta via del risanamento ed incapace di comprendere i bisogni della città. Se poi a tutto questo si aggiunge la litigiosità di un maggioranza in consiglio comunale, che spesso non ha i numeri per decidere e la presa di distanza dei maggiori partiti che reggono la coalizione politico-amministrativa del centrosinistra, come nel caso ultimo del partito Socialista, che pubblicamente, addirittura con un manifesto, prende le distanze dal Sindaco, c’è solo da chiedersi quando il primo cittadino getterà la spugna e deciderà di dimettersi, rimettendo il mandato nelle mani dei cittadini stufi di disservizi e tasse. Intanto grave appare il ritardo nella convocazione del consiglio comunale per l’approvazione del bilancio consuntivo e del bilancio di previsione. Evidentemente lo stretto controllo della Corte dei Conti ed il fiato sul collo della Procura della Corte dei Conti, sta frenando il trio Mongelli-Di Cesare-Lambresa verso inutili tentativi di “contabilità creativa”, che ha consentito di recente, con continue violazioni di legge, di “aggiustare” i bilanci in modo da raggiungere un fittizio pareggio, che nei fatti manca nei conti comunali, come testualmente afferma la Corte dei Conti, almeno dal 2009. Preoccupante è, infine, il silenzio del presidente Piemontese, che in maniera veramente singolare, convoca dal luogo delle sue vacanze, il Messico, un consiglio comunale, che poi va comunque deserto per la fuga della sua stessa maggioranza, dimenticando che il 30 giugno scorso era il termine ultimo consentito dalla legge per l’approvazione del bilancio di previsione e dimenticando che, non avendo convocato il consiglio nei successivi 20 giorni, di cui alla obbligatoria diffida di S.E. il Prefetto, crea le condizioni per lo scioglimento del consiglio comunale a norma dell’art 141 del Tuel: scioglimento, che al momento appare come l’unica “buona pratica” possibile. Il sindaco, quindi, invece di ritirarsi in contemplazione dei suoi 2 disastrosi anni di governo cittadino, nel chiuso del chiostro del convento di Santa Chiara, davanti a pochi intimi e dove senza contraddittorio tenterà di beatificarsi, farebbe meglio a convocare il consiglio comunale in aperta e pubblica seduta e rispondere, attraverso un democratico confronto, alle argomentazioni dei magistrati contabili che lo accusano di aver fallito con la sua manovra di risanamento e di aver violato la legge ripetutamente.”