domenica 13 febbraio 2011

DELLE TANTE TROPPE ITALIA CHE SI RACCONTANO AGLI ITALIANI: DIVISI, IMMEMORI, OPPORTUNISTI, COME E’ QUELLA ALTRA, QUELLA VERA?

PARLIAMO DELL’ITALIA A POCHI GIORNI DAL SUO 150° ANNIVERSARIO.

A giorni, precisamente il 17 marzo, ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità della nostra nazione. Per tutti noi italiani sarà il giorno dell’orgoglio, nazionale, quello dell’amore per la Patria e per la nostra unione sociale.

Il modo più giusto per rinnovare questo evento e riviverlo degnamente, sta nell’attenta considerazione di quella storia concreta, che portò all'unione del popolo italiano, di noi italiani. Ed un buon libro, sulla storia d’Italia, letto da tutti gli italiani, specialmente dai nostri giovani, ci sembra possa essere il modo più concreto e vivo per perpetuare l’impegno civile verso la nostra Patria e quello di un generoso, solido connazionalismo tra noi italiani. Con questo sentimento nulla hanno a che fare le incerte parole dei cultori del dubbio, né quelle vili di gente in ogni modo ambigua, neppure quelle indistinte di incerti letterati.
Costoro, nei giorni che ci separano dalla festa dell’unità d’Italia, sono tutti presi dalla foga di raccontarci il fallimento della loro vita, la loro solitudine, riflettendone l’intera amarezza sul sentimento più nobile che unisce i cittadini italiani. Sembra che se essi non si sono ‘fatti’, la colpa del loro insuccesso debba pesare sull’Italia e su noi italiani. Quale Unità d’Italia – dicono -. Gli italiani – insistono – sono divisi, sono immemori della loro storia d’origine, sono opportunisti, ognuno tira a campare per sé e per quanti familiari tiene ognuno. Non serve memoria, rispondiamo a costoro, per dire del sentimento patriottico che abbiamo in cuore. L’amore indiscutibile, per la nostra Italia e per gli italiani, è una certezza che non consente dubbio. Certo, l’unificazione della nostra Penisola fu il frutto di lotte dure, sul piano sociale, su quello politico ed anche su quello militare. La particolarità del suo territorio, segnato da una storia antica di guerre, di conquiste, d’invasioni subìte; la presenza in esso di genti differenti, per usi e tradizioni, per cultura e leggi dissimili; i forti poteri imperanti lungo la penisola, non resero incruenta e pacifica l’Unificazione d’Italia. Un duro e lungo processo, questo, che richiese ai popoli della costituenda Italia, inzialmente, il duro sacrificio dell’individualità esistenti, in nome di concetti astratti: un popolo unito, una nazione unita. E pure si fece l’Italia. Oggi, tutt’al più se ne potrà fare coscienza discutendo sulle eterogeneità con cui le popolazioni territoriali, regionali, comunali, in concreto esprimono il sentimento patrio che le accomuna e le fa italiane. Nessuno dica che il dispiacere causato dalle differenti condizioni di vita esistenti tra le genti italiane, da un punto all’altro dello Stivale, oppure la presenza fra connazionali di naturali contrasti d’interesse, sia consentito passarlo come nazionalità malaticcia. L’altruismo del cittadino italiano s’è sempre espresso al meglio nell’amore patrio. La ricerca di una storia italiana che comprova la divisione sociale e politica del popolo italiano ci sembra frutto di una pessima analisi, condotta con malevoli intenti mestatori, i quali, peraltro, s’esauriscono con la solita accusa al popolo italiano: di non avere memoria storica, vale a dire d’essere inclini a tradire scelte importanti della propria storia, dopo essersene facilmente entusiasmati: prima con la monarchia, poi col fascismo, oggi con la repubblica costituzionale, che si starebbe rivoluzionando col federalismo, in proiezione anticostituzionale. Un federalismo considerato da molti italiani come regressione politica, che riporterebbe l’Italia alla divisione sociale delle sue genti, com’erano prima del 1861 e della dichiarazione della unità nazionale.

Persino l’affermazione di Massimo d'Azeglio “pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani”, viene strumentalizzata per sottolineare che l’unificazione italiana fu un atto di potere imposto dai governanti di allora agli italiani, i quali solo in parte ne condividevano il principio unificatore.

Il d’Azeglio forse intese ammonire i governanti che avevano da poco legiferato in favore dell’Italia unita, che a quell’atto doveva poi seguire un deciso impegno della politica italiana: finalizzato a convincere tutti gli italiani, più ancora quelli dubbiosi, che la nuova condizione nazionale, di popolo unito, era servita ad accelerare lo sviluppo economico nonché nuove condizioni di benessere. Dopo l’atto formale che statuì l’unità d’Italia, spettava alla politica ed ai politici comporre le condizioni di uno sviluppo sociale unitario. Allora, perché tanti studiosi, mentre si fanno bandiera di quell’unità, fanno carico al popolo italiano d’avere mantenuto e di mantenere vivo, ancora oggi, un sentimento campanilistico? con conseguenti atteggiamenti e sentimenti, che lascerebbero intendere una popolazione divisa in un Paese diviso, tante volte, quante sono le regioni che lo compongono? Ciò non è vero. Il popolo italiano ebbe fiducia nell’unità nazionale, a prescindere da una politica statale traballante, incapace di realizzare un programma unitario dello sviluppo nazionale. Non è giusto né è corretto, confondere gli italiani con la politica. E’ la politica del governo nazionale italiano che, su mandato dei suoi cittadini, prende il potere statale di ‘fare’, riceve cioè la prerogativa assoluta di coniugare i tempi e i modi e le persone per fare dell’Italia una nazione a tutti gli effetti.

Forse è per una politica tale, che il popolo italiano, da quella dichiarazione d’unità, lamenta uno sviluppo sociale sproporzionato, un benessere squilibrato, lungo tutto il territorio nazionale. Una lamentela mantenuta sempre nei limiti d’una protesta moderata e democratica. Rammarichi più che rimostranze, tali che, anche quando essi sono stati strumentalizzati da qualche partito politico italiano, mai hanno incrinato quel sentimento affermato dal popolo italiano 150 anni or sono: l’Unità d’Italia. Noi italiani ci sentiamo uniti, nonostante ad alcuni ciò non piaccia.

gma