lunedì 24 gennaio 2011

POLITICI PER LA MORALE?

La verità come proposta di parte. La morale di parte.

In questi giorni la Morale è oggetto di discussione in tutto il nostro Paese, dal quale s’è poi diffusa, grazie al cosiddetto ‘tempo virtuale’, nel mondo. Quasi che questo potesse sentire simultaneamente e concordemente la necessità di analizzare la morale, per concordare una posizione comune sul tema. La Morale che diventa globale? E che viene esaminata e dibattuta attraverso il sistema e con i mezzi della globalizzazione? Tutti i media, tutta la comunicazione, ne trattano, la pubblicano, in ogni salsa, pure se la materia in oggetto è certamente la meno adatta ad un mondo, quello globalizzato, così scarsamente morale, la cui unica strategia sta nei numeri delle vendite concluse, nel valore della somma del denaro totalizzato. Non c’entra in questo mo(n)do globalizzato, pure assortitamente corrotto, il valore della verità, poi quello sulla morale, sulla politica, solo perché legato alla persona del ‘Premier’ italiano Silvio Berlusconi.

Questi è indagato dalla magistratura italiana, ufficio di Milano, per due presunti reati. Dei quali non parliamo. Per il motivo che la loro sussistenza è ancora in istruttoria. Per la qual cosa riteniamo prematuro parlare persino della presunzione d’innocenza e di quant’altro sia legato alla normativa giuridico-penale. E poi, noi vogliamo parlare, civilmente, del perché questi presunti fatti del premier Berlusconi, arrivati sui media d’informazione, sono stati subito presi come fatti gravissimi, lesivi della dignità: uno) -del popolo d’Italia, due) -dello Stato Italia, tre) -della sua politica migliore, visti nel contesto del mondo intero. Sino a divenire la Morale, come valore generale, globale, del comportamento degli individui, il tema da discutere urgentemente e approfonditamente, al fine di sottrarlo al vulnus che il premier italiano Berlusconi le avrebbe inferto. Con quale arma capitale? Con la sua scostumatezza da libertino, aggravata in misura capitale dal fatto che essa veniva esercitata col potere di uomo-leader del governo italiano. Una grave immoralità, è stata quella eccitazione smisurata scatenata nei giorni scorsi dai mass-media nazionali. Oppure fu immorale la pacatezza con cui il popolo italiano prese la faccenda? No. Poi ci torneremo su questo punto. Quel popolo, noi italiani, naviganti-amanti-poeti e con troppi santi, conosciamo bene la politica che si sta praticando da qualche tempo nel Paese. Molti italiani sanno di più di quanto si ritiene. E poi, basta leggersi la Storia, sì, quella con l’esse maiuscola, non certamente quella che stanno recitando giornali, televisioni, mercenari della notizia, tanti uomini politici, moltissimi massoni.


La compattezza sincronica con cui oggi la macchina di certo moralismo, giustizialismo, s’è messa in moto nella Politica italiana, ricorda un altro episodio, che riguardò un politico di rilievo della politica italiana, a fine della prima repubblica: Bettino Craxi. Secondo noi maciullato come politico e assassinato come uomo, da un disegno simile a questo, basato sul fine esclusivo (senza morale) d’eliminare il politico nemico. Concetto questo, molto autoritario, poco democratico, per nulla morale.

Certa politica, quando entra in fibrillazione, a causa dell’impotenza e della debolezza nel governare la nazione, pone mano ai conflitti di potere e all’inganno e alle affermazioni insincere, per cercare di rimanere a galla.

In questi giorni, a proposito dell’omnia Berlusconi, dementi hanno tirato fuori la questione della moralità, la trasparenza che deve avere un leader politico, l’onestà della politica. Ognuno ha proposto il suo sermone, la sua verità sulla morale. Senza guardarsi troppo vicino. Anzi, mirando lontano. Qui a Foggia, abbiamo sentito un presunto intellettuale, pagato dalla politica, dire che si vergognava dei ‘fatti’ berlusconiani. Con occhi elevati fabulava saccentemente la sua verità sulla morale. Non solo incolto, per non comprendere cosa sia la morale, ma assolutamente imbarazzante a rappresentarla perché egli non ne ha mai praticato i contenuti, essendo egli stesso immorale, poco onesto, molto libertino nei comportamenti. Ebbene, noi riteniamo che qualsiasi verità sia, nel contesto sociale e politico attuale, una proposta relativa circa la virtù in generale. Molto discutibile e relativa se la sua discussione non è preceduta ed accompagnata dal tono di un colloquio pacato e ragionato e rispettoso delle parti. Quando esso devia decisamente nell’accusa violenta, monotematica, unilaterale, non declina più i valori di un concetto oggettivamente onesto e degno, nemmeno i valori comuni ad una società plurale e democratica. Ci sembrano invece troppi gli infami che della vicenda Berlusconi hanno scelto di farne l’innesco per un conflitto sociale, con il solo fine d’eliminare l’avversario politico. Insomma, la morale, diciamo quella pratica, esistibile, deve trovarsi non in nomi assoluti, come la religione, la politica, la giustizia, la nazione, bensì nella responsabilità dell’individuo all’osservanza di comportamenti che la convivenza democratica ha cristallizzato in regole vigenti. Secondo noi, questo significa che Berlusconi, stante l’ipotesi giudiziaria d’aver violato le leggi del nostro Stato, deve essere giudicato in Tribunale. Se Berlusconi ha tenuto comportamenti poco morali, indegni per la funzione politica che il popolo sovrano gli elesse, deve essere giudicato democraticamente, attraverso il voto del popolo italiano. Se poi si vuole discutere dell’aspetto oggettivo della sua moralità, ognuno ne parli, dopo essersi preparato a tenere un colloquio civile, onesto, focalizzato sull’individuo moderno, che è interprete della società cui appartiene e delle regole vigenti della convivenza. Considerando come la società, dai tempi antichi all’oggi, ha variato valutazione sulla prostituzione, sul libertinaggio. Il che significa anche che ognuno di noi, prima di parlare, prima di scegliersi moralizzatore, abbia considerato le proprie responsabilità, abbia valutato i propri comportamenti sociali, senza ambiguità: Sono io un soggetto morale? Sono io virtuoso nel rapporto con gli altri? O vivo l’ambiguità immorale di accusare gli altri (uomini, socialità, genti diverse) per il gusto o per l’utilità del loro annientamento? gma