lunedì 20 dicembre 2010

E' Grave Impolitichirsi* o Farsi Impoliticare*.

Anche la facilità, la velocità, con la quale oggi vengono fuori nuovi gruppi politici, induce a pensare che il processo secondo cui s’evolve la società attuale proceda ormai distaccato dai principi ideologici. E’ il moltiplicarsi degli interessi economici che porta nuovi gruppi politici. La convinzione, primordiale come l’uomo, è che stando in gruppo l’individuo ha più possibilità d’arrivare al risultato agognato. Il gruppo politico ha in più il potere di fare derivante dalla politica. La subitaneità moderna dell’affare economico, non consente più quei tempi di maturazione di cui qualsiasi coscienza avrebbe bisogno, per apprendere, per maturarsi in una ideologia. Il cittadino che chiede l’iscrizione al partito, il partito che deve concedergliela, dovrebbero avviare un periodo scolastico, di conoscenza reciproca, finalizzata a comprendere se l’unione si può fare. Invece non c’è tempo per questa pratica. L’associazione moderna avviene sbrigativamente. Si sa che i partiti accettano chiunque, a braccia aperte, a causa del sistema politico attuale, incentrato sul confronto diretto ed aspro, interno ad un sistema nato come bipolare e subito declinato verso il bipartitismo. Ed allora, il cittadino si sceglie il gruppo politico che è in grado di concedergli un pronto, ampio spazio, per la realizzazione dei suoi interessi personali. E’ anche vero che questa prassi, all’interno dei partiti politici, trova ancora l’ostacolo di posizioni ideologiche, di principi insistiti circa l’onestà intellettuale dei partecipanti al partito, circa la morale caratterizzante la posizione politica di base al partito. Ma è evidente che questo valore ‘dienneatico’ del singolo partito, sia stato ridotto al ruolo di refrain, di simbolo, di sapore di un partito. Come il detto di una pubblicità territoriale, che recita di ‘tradizioni, monumenti e sapori’. Mentre all’interno del partito, dietro la facciata, si nascondono le attività più frenetiche e feroci dell’arricchimento a mezzo rapina, del denaro che è della popolazione e che serve per la sua crescita civile. Dietro la posizione di gruppo-partito si muovono interessi personali, l’ossessione personale di globalizzare-monetizzare l’affare di turno, prima che s’esaurisca il suo breve tempo. In questa temporaneità urgente, è facile che s’alzi la voce del mascherante ideologo, di colui che ha nel partito il ruolo di recitare l’apoteosi partitica sui diritti della popolazione, sul valore etico, in modo doloso e disonesto, rispetto al valore unico dell’etica, della morale, del diritto. E quanto più polposo è l’affare in via di realizzazione, più i partiti sono interessati ad attizzare gli umori semplici e sovente violenti del popolo credulone. Un popolo che non s’accorge di venire coinvolto, per sostenere interessi certamente non suoi, dovendo in ogni caso pagare caramente il prezzo di una battaglia che non lo interessa e che anzi danneggia la sua civiltà. Siamo convinti che questa analisi non sia populistica o da qualunquismo. Solo perché qualcuno sostiene che questa prassi c’è sempre stata, senza tuttavia dire se essa sia o no giusta. Noi, per di più, siamo convinti che questo scenario abbia avuto uno sviluppo ulteriormente negativo. C’è stata la sua modernizzazione. Almeno due passaggi sono avvenuti dalla fine della repubblica detta prima. In quel periodo, il potere politico chiedeva a quello economico di finanziargli le attività in misura percentuale al valore delle opere di cui gli assicurava la realizzazione. Intervenne Mani Pulite ed i Partiti sotto l’azione investigativa giudiziaria si dissolsero, non senza avere confessato, persino in Parlamento, che il sistema di corruzione riguardava l'intero sistema della politica italiana. Non per questo azzeramento, così molti lo definirono, riferendolo al potere politico corrotto e non a quello corruttivo delle lobby dell’affarismo, si poteva ritenere che queste due forme di potere si redimessero. Non era pensabile neppure quando si ideò di una seconda, diversa, repubblica. Tant’è che nessuno parlò apertamente del perché la democrazia in Italia dovesse declinarsi in onestà e non in complicità illecita. Con la seconda repubblica ha coinciso il nuovo sistema del mercato globalizzato. Un sistema semplificato del controllo degli affari in ogni punto del globo che ha dato più forza economica, finanziaria, al ‘mondo’ affaristico. Tanto che esso ha deciso di entrare direttamente in politica, facendosi eleggere deputati e senatori di fiducia. Ecco il nuovo girone di una politica italiana gestita per proprio uso e consumo dal potere finanziario-economico. Una politica con le parvenze formali della democrazia. Elezioni nazionali, regionali, ecc.. Voto del popolo. Il popolo elettore ancora più sistematicamente gabbato da una politica non più sociale, certamente dei grossi affari delle lobby internazionali e poi nazionali. Nulla di nuovo e di peggio per il popolo? Nemmeno con la globalizzazione? Non lo crediamo. Questa politica dell’affare senza fare molto per il popolo, è venuta assumendo toni di violenza e di crudeltà. Non parliamo dell’ingiustizia sociale di chi ci governa. Diciamo di un fare della politica dei partiti che spregiudicando ogni valore democratico, fa del confronto politico uno scontro di forza, in cui ogni arma è usabile se è utile per fare fuori l’avversario. Detto questo, è forse populismo e qualunquismo quello del popolo esacerbato, della società dei giovani disperati, ai quali, giorno dopo giorno, i governanti danno esempio di sopraffazione, di derisione, spinto sino alla distruzione dell’avversario? Il qualunquismo viene solo dai soggetti corrotti, dai complici della delinquenza e dei delinquenti.

La seconda repubblica nasce al comando del potentato economico, che eleva al rango di uomo politico persone con un’anima culturale diversa da quella dei parlamentari della prima repubblica. Cambia il sistema elettorale. Le nomine alle funzioni dello Stato partono direttamente dal premierato dei partiti. Ciò cambia la figura dell’uomo politico, oggi singolarmente persona gradita e di fiducia per il partito. Nel primo decennio di questa repubblica dell’affare, vediamo parlamentari senza scienza della politica, senza cultura dello stato democratico, assolutamente ignari del rispetto istituzionale per la sovranità del popolo. E non poteva essere diversamente, dato il denominatore che accomuna questa politica, che non è più espressione della scienza del fare per il bene nazionale, che è, bensì, automatismo robotico, ideato dal potere economico. I nuovi uomini politici sono uomini d’affari. Non hanno cultura della politica. La loro estrazione e formazione si fondano sull’azzardo utilitaristico, sulla spregiudicatezza, che li puntano diritto al guadagno di servizio per le lobby al potere.

I connotati di questa politica sono indecenti e non democratici.

Il discorso argomentato, tra i partiti, è solo partecipato e non trattato come momento compositivo dell’accordo possibile nell’interesse generale del popolo, cui far seguire la realizzazione scritta della legge. Esso non è più obiettivo determinante, in questa politica che ha carattere utilitaristico.

Il più forte, il potere economico più forte, domina e non tratta con le parti economicamente più deboli. Non c’è accordo. Predomina l’imposizione. Non c’è più diplomazia. Ovviamente, ciò apre la strada verso lo scontro politico, oltre l’immaginazione, dentro la provocazione.

Le parti politiche arruolano soggetti non certo moderati, anzi, veri esperti non della comunicazione, bensì della disinformazione; esperti fanatici della violenza non solo verbale.

Non riteniamo che questa politica, incernierata col potere economico, sia un fenomeno(?) passeggero. Nel senso di un possibile ritorno ad una politica focalizzata sull’interesse generale della popolazione.

Tuttavia, è pensabile che essa decida di migliorarsi, col darsi un po' di dignità e di democraticità.

Per avvicinare questa evoluzione migliorativa, servirà che la politica d’opposizione non tracimi nella violenza; che anzi lavori sul rafforzamento e sull’ammodernamento degli unici strumenti utili a questo scopo: quei valori che consolidano la gente, nei momenti in cui essa si fa stato.

Momento decisivo per arrivare ad un moderno patriottismo, potrebbe essere quello in cui il cittadino partecipa coralmente alla politica, anche sostenendo l’economia delle lobby, legandovi però la condizione irrinunciabile che quelle realizzino in contemporanea gli interessi che il popolo vuole, necessari per la crescita delle classi sociali più deboli. O dobbiamo rimanere sulla piattaforma di una politica monopolizzata dai più forti poteri economici e gestita ai livelli regionali e provinciali da una cricca di amministratori, certo non tecnici, certo incompetenti e criminali, che pensano solo ai propri affari?

gma