martedì 2 marzo 2010

QUALE POLITICA.



LA PAROLA POLITICA

(…da Wikipedia – L’enciclopedia libera)
Secondo un'antica definizione scolastica, la politica è l'Arte di governare la Società. Riferita sia all’attività di coloro che governano, sia alla competizione necessaria per svolgere le cariche di governo. L’attività politica è qualificata un’Arte, in quanto chi la esercita deve avere abilità e capacità tali da rappresentare degnamente i valori propri della comunità da governare, nonché saperne interpretare il linguaggio, per poi amministrarne le richieste di sviluppo.
La prima definizione di "politica" risale ad Aristotele.
Politica, per il filosofo ateniese, significa l'amministrazione della "polis" (città) per il bene di tutti. Altre definizioni sono state date da numerosi teorici: per Max Weber la politica è aspirazione al potere e monopolio legittimo dell'uso della forza; per David Easton essa è la formazione di valori imperativi (cioè di decisioni) nell'ambito di una comunità; per Giovanni Sartori la politica è la sfera delle decisioni collettive sovrane.
Al di là delle definizioni, la politica in senso generale, riguarda tutti i soggetti facenti parte di una società, e non esclusivamente coloro che fanno politica attiva, ovvero operano nelle strutture deputate a esercitarla. La politica è l'occuparsi in qualche modo di come viene gestito lo Stato o le sue sub-strutture territoriali.
Storia
Età classica
In Grecia erano note tre forme di governo con le relative degenerazioni (la suddivisione appartiene ad Aristotele):
Politeia - simile alla democrazia del linguaggio attuale (la sua corruzione: Democrazia - nel linguaggio corrente demagogia): il governo in cui a comandare è la massa.
Aristocrazia (Oligarchia): Dal greco Aristoi (i migliori). S’intende il governo dei più adatti a governare, in contrapposizione alla sua corruzione, Oligarchia (Da Oligoi pochi), ovvero il governo di alcuni, non necessariamente i migliori. Il termine aristocrazia è passato a indicare il ceto dei nobili anziché la forma di governo.
Monarchia (Tirannide): da Monos (solo), indica il governo di un sol uomo. Il termine Tiranno indicava colui che si impossessava illegalmente del potere. Nell'antica Grecia non aveva il significato spregiativo attuale ma indicava solamente l'illegalità del potere.
Da notare che nel mondo ellenico era conosciuta anche la Diarchia ovvero il governo di due uomini come accadeva a Sparta.
Età moderna
Nel 1500 il termine 'politica' viene rivisto da Machiavelli che, con il suo trattato "Il Principe", l’analizza e ne trae una nuova formulazione, distinguendo dall'etica civile l'etica statuale. L'etica del governo di un'entità territoriale o di una comunità, è autorità superiore rispetto ad ogni singolo uomo o gruppo di uomini della comunità stessa. Egli crea così il termine "Ragion di stato", che però manterrà sempre ben separato dal termine 'politica'. Machiavelli intendeva dare alla politica un'autonomia che il Clero dell'epoca non era disposto a concedere. Un secolo dopo Thomas Hobbes, pure avendo riconosciuto la migliore forma di governo nel Sovrano assoluto, considera la sua funzione derivante non dalla volontà divina (come stabiliva la tradizione) ma da un patto originario tra uomini liberi. Al contrario di Hobbes, John Locke non solo non vede nell'attribuzione di tutti i poteri al sovrano la soluzione alla conflittualità della società ma, anzi, formula l'idea che il sovrano debba rispettare i diritti fondamentali, come la proprietà privata. Nella storia del pensiero politico è fondamentale l'opera di Montesquieu "L'ésprit des lois" (Lo spirito delle leggi), dove egli distingue i poteri per evitare la tirannide. Anche Montesquieu esamina i vari tipi di governo e conclude che la monarchia costituzionale resta la forma migliore, perché la classe nobiliare, in generale, è meno corruttibile, in quanto vincolata al principio dell'onore.
Età contemporanea
Nell'Ottocento, Karl Marx formula la dottrina del materialismo storico: la struttura dei sistemi sociali e istituzionali prende la "forma" dai rapporti economici in essere. L'economia rappresenta la base della società, che viene ad essere modellata e influenzata dai rapporti economici che concorrono in maniera basilare a determinarne i vari assetti sociali, culturali ed ideologici, persino alla base dell'organizzazione sociale.
Nel Novecento, l'arte della politica è anche laboratorio pratico delle teorie politiche. Si sono sviluppati una pluralità di sistemi diversi di gestire la cosa pubblica. Alle monarchie di inizio secolo si aggiungono le prime democrazie borghesi, contemporaneamente, i primi esperimenti di applicazione pratica del socialismo, la maggior parte dei quali sfociati in sistemi oppressivi. A queste forme si affiancano i totalitarismi ed autoritarismi, derivanti dalla crisi delle fragili democrazie.
Negli ultimi anni la politica va trasformandosi, includendo la cosiddetta società civile, fatta di movimenti di opinione che cercano di sottrarla all'astrazione in cui è stata sempre confinata: la politica si fa globale e nella coscienza di molti si delinea come un costante divenire delle relazioni sociali ed economiche.
Citazioni sulla politica e sugli uomini politici.
- A proposito di politica... ci sarebbe qualcosa da mangiare? (Totò)
- Gli uomini politici sono uguali dappertutto. Promettono di costruire ponti anche dove non ci sono fiumi. (Nikita Sergeevič Chruščëv)
- Il vero e retto fine dell' attività politica è il benessere materiale e spirituale della società, in modo che i diritti e i doveri siano da tutti rispettati e tutelati. (Papa Giovanni Paolo II)
- L'arroganza rampante di una certa categoria di politici e finanzieri è come un'infezione di una ferita: se non si cura rapidamente (magari con mezzi drastici) si allarga e infetta l'intero organismo sociale. (Enzo Di Frenna)
- L'ultimo club di maschi e per maschi, un fortino ancora resistentissimo. (Roberto Olla)
- L'uomo è per natura un animale politico... tanto è vero che spesso l'uomo politico è una bestia. (Alfredo Chiappori)
- La politica coincide dunque con la morale? . Penso che politica e morale abbiano fondamenti distinti. I loro territori confinano ma non coincidono. Spesso addirittura morale e politica confliggono e si scontrano. (Eugenio Scalfari)
- La politica è la scienza dell'opportunismo e l'arte del compromesso. (Franz Liszt)
- La politica migliore è l'onestà. (Charles Spurgeon)
- La politica, nella comune accezione del termine, non è altro che corruzione. (Platone)
- La politica, nella pratica, quali che siano le idee che professa, è sempre l'organizzazione sistematica dell'odio. (Henry Adams)
- La politica pratica consiste nell'ignorare i fatti. (Henry Adams)
- La politica se non è arte, è mestiere. (Libero Bovio)
- La storia della politica del potere non è nient'altro che la storia del crimine nazionale e internazionale e dell'assassinio di massa. (Karl Popper)
- Politica vuol dire realizzare. (Alcide De Gasperi)

SIAMO TUTTI POLITICI SIAMO TUTTI RESPONSABILI.

Tutti i cittadini, secondo i requisiti di legge, possono concorrere alle cariche elettive dello Stato italiano. Lo stabilisce l’articolo 51 della nostra Costituzione. Coloro che vogliono esercitare l’arte politica, devono quindi candidarsi e farsi eleggere dal popolo, fondando sul proprio nome un quorum sufficiente di consensi. S’è anche detto che la politica in senso generale, riguarda tutti i soggetti facenti parte di una società, e non esclusivamente coloro che fanno politica attiva. Anche chi manifesta una posizione critica e di opposizione all’attività di governo fa politica. Ci sembra giusto, quindi, sostenere che la Politica, di qualsiasi periodo o partito, è sempre il prodotto di una società, in modo diretto, in un periodo preciso. Eppure i cittadini, in generale, sono sempre critici verso la politica, contro i governanti. Ricordiamo il detto: “Governo ladro”. A Foggia, dei politici, soprattutto di quelli locali, il popolo ha sempre detto: Mariull’ (ladri); S’ so rubb’t tutt' cos' (hanno rubato tutto); S’ so sistm’t fin’ a’ terza generazion’ ( si sono arricchiti fino alla terza discendenza). Insomma, l’arte di far politica, non sempre attrae degli artisti, persone degne e stimabili. La politica, a causa del potere che racchiude, è vista, sempre più, come il mestiere per arricchirsi in fretta: al di sopra ed oltre quelle leggi che regolano l’a-fare della persona e le categorie e gli ordini professionali del lavoro. D’altronde, gli appannaggi riservati ai politici son fatti di cifre mensili importanti, che un comune lavoratore realizzerebbe con un anno di retribuzioni. Sono appannaggi che soltanto professioni specializzate consentono, per esercitare le quali serve spendere studi laboriosi e un cospicuo capitale di denari, serve conseguire titoli specifici che soltanto persone capaci e intelligenti riescono a concludere. Invece attivarsi in Politica non richiede titoli di studio e, per quanto riguarda il capitale, purtroppo basta promettere i propri servigi a qualche finanziatore. Se guardiamo nel passato, la Politica era sì il sistema del potere, tuttavia i soggetti che la praticavano esprimevano la parte migliore della società e del vivere insieme. Erano uomini dalla valida rilevanza culturale, indispensabile per porsi all’interno di un sistema politico e partitico che, come meno, aveva coscienza rispettosa della Costituzione, della complessità unitaria della rappresentatività del popolo, alla base della quale imperava l’esigenza d’un comportamento irreprensibile. Attualmente il popolo italiano accusa la Politica d’avere una classe dirigente incapace e corruttibile. La paura che domina la nostra società è quella della corruzione della politica, che passa quotidianamente ai giudici materia d’indagine e accuse di reati penali a carico di ministri della repubblica e di responsabili dell’amministrazione politica. E non si salva alcun partito di governo o d’opposizione. La società attuale, accusa quindi la Politica in generale d’essere corrotta. Però non si chiede il perché di tale degenerazione; nemmeno reagisce con decisione ad un fatto così grave; nemmeno si dà ragione di questa tendenza negativa. Anzi, riteniamo che il nostro popolo, nemmeno alle prossime competizioni elettorali regionali esprimerà, attraverso dinamiche forti del proprio voto, un’altrettanto forte condanna di questo malessere da malaffare. Ma almeno qualche considerazione bisogna farla, sulle cause che stanno determinando questa grave aberrazione della Politica. Non dobbiamo tralasciare la premessa che la Politica è appunto espressione diretta delle esigenze della popolazione, finalizzata al governo dei beni comuni ed alla realizzazione del benessere sociale. Senza fare demagogia, discutiamo sul fatto che la società attuale ha perso di vista i valori su cui si fonda un vivere in comune rispettoso, onesto, corretto. Il valore più diffusso è quello del denaro; le regole sono quelle del profitto, del mercato. La Politica, oramai intesa come profitto diretto, dominata dal potere del denaro, è stata ‘acquistata’ direttamente dal potentato economico. Se prima le cosiddette lobby del potere rimanevano a margine della politica e avvicinavano i politici con la corruttela del denaro, oggi investono direttamente il loro denaro nell’elezione di persone che hanno l’unica funzione di difendere e portare avanti gli interessi del gruppo influente che li ha finanziati. Insomma, la Politica attuale è degenerata fin nelle sue funzioni originarie. Altro che arte di amministrare correttamente i beni comuni. Essa s’è deteriorata nel mestiere più equivoco: l’a-fare, il profitto di parte. Un mestiere che in Italia è poco regolato, sicchè è ancora feroce affarismo. Ed insistiamo sul fatto che tutto ciò è consentito da una società in preda alla paura, spogliata di quei valori di vita in comune, da cui scaturiscono regole civili, leggi, obblighi esecutivi, sino alle pene certe per chi vi contravviene e danneggia la comunità. E si sa che il contrapposto della paura è la violenza della illegalità. Una società che ha paura arretra dallo spazio garantito, tutelato, si chiude nell’area della propria casa. Stiamo tornando all’antico concetto della tribù, della famiglia. Condizione questa, che se si consolidasse, sarebbe la negazione della Politica, quella originale, costitutiva della Società, del diritto sociale, del vivere democratico. Allora, che la dignità di popolo torni a farsi degna, se non vuole rinunciare al vivere libero, se non vuole tornare a subire la prepotenza del tiranno di turno. La strada che ri-porta la sovranità popolare è una: quella dell’esercizio diretto di detta sovranità. L’esercizio autorevole del diritto di voto che la nostra Costituzione assegna ad ogni cittadino. Il diritto di eleggere puntualmente alle cariche elettive dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, soggetti che valutiamo assolutamente degni, capaci, onesti d’esercitare un incarico fondamentale per tutti i cittadini. Ed allora, facciamo tutti, seriamente, Politica. Iniziamo tutti a fare Politica, contribuendovi con assoluta severità. Basta con i voti dati in base alla raccomandazione del parente, dell’amico, del conoscente. Neppure il nostro voto sia oggetto di scambio prezzolato, venduto al prezzo di qualche euro o di un pranzo o di una pizza. Pensiamo che, anni addietro, era il prete confessore a ‘convincerci’ a votare per qualche concorrente alle elezioni pubbliche; e però doveva garantirci con la veste talare che indossava, sull’onestà di chi ci stava raccomandando. Oggi ci abbassiamo allo scambio voto-denaro, oppure al piacere con cui gratifichiamo il conoscente, che intanto ha già intascato la promessa del prezzo dovutogli in caso di elezione del suo candidato. Insomma… ecco il dolo, della paura che assilla la società attuale, da quando i cittadini smarrirono il valore di esercitare correttamente i loro doveri di cittadino. Come si torna alla Politica? Come la si restituisce alla sua unica, retta funzione? gma