martedì 23 novembre 2010

DICONO A FOGGIA...

Foggia, mmocc’ (in bocca) a’ Politica, all’Imprenditore, al Giornalista.


Mentre l’immondizia invade i marciapiedi e le vie di Foggia, la Politica gigioneggia e cerca di mantenersi pulito il posto di comando. I cittadini foggiani incazzati gridano: “…Che spettacolo”. “Non se ne può più”. Gli imprenditori si fanno i … loro, sì… i loro interessi. I giornalisti, quando non fanno i distratti stanno servendo i loro padroncini.

Eppure, siamo letteralmente in mezzo alla spaz-za-tu-ra. Come a Napoli? Macché. Qui, a Foggia, è peggio. E non per il volume della ‘munnezza’, che pure andrebbe valutato in percentuale. Il fatto grave è che l’informazione locale si limita a raccogliere qualche immagine, l’invettiva di qualche cittadino, ma non ci spiega bene le cause ed i rimedi di questo insozzamento nella nostra città.

Eppure dietro d’esso si trovano tutti i fattacci d’una politica locale inutile, marcia e maleodorante, non meno dell’immondizia che è sotto i nostri occhi.

Questa nostra Città, dopo avere subìto, anno dopo anno, l’onta, ma anche un serio avvertimento, che la qualità della sua vita urbana era in continuo degrado, oggi è in pieno dissesto. Un evento tristissimo. Preannunciato e documentato, in dettaglio, nella graduatoria elaborata annualmente dall’istituto di ricerca e consulenza Ambiente Italia, che stila la classifica della qualità ambientale dei comuni capoluogo italiani, secondo: l’inquinamento atmosferico, la riqualificazione urbanistica, la raccolta differenziata, la presenza di aree verdi, la depurazione delle acque, la qualità del trasporto pubblico, ecc.. Nel corso dell’ultimo decennio, sistematicamente, la città di Foggia ha oscillato negli ultimi posti di detta classifica. Il nostro sindaco d’allora, Ciliberti Orazio, il collegio di amministratori in carica, puntualmente, a classifica stilata, se la prendevano con i ricercatori che l’avevano fatta, accusati d’avercela con la nostra città. Insomma, Foggia non aveva problemi circa la qualità della vita che vi si conduceva. Quegli amministratori, sapevano che il Comune da loro governato aveva problemi ben più gravi che attentavano alla vita urbana, dei foggiani. Quei problemi stavano nella massa incontrollata di debiti da loro contratti in nome e per conto di noi foggiani, senza che ci fossero nelle casse comunali le relative coperture, senza che rientrassero in un piano economico ordinato delle spese. L’aspetto grave di questa disamministrazione, durata per un decennio, ovviamente ogni anno più grave, è che quel sindaco fosse laureato in Giurisprudenza, specializzato in diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione. Oggi egli asserisce che quei debiti furono causati dalle tasse non pagate dai cittadini e dai costi derivanti dai lavoratori delle cooperative di servizi che dovettero assumere per fare fronte alla massa di disoccupati foggiani. Vale a dire che usò il Comune da lui amministrato come ammortizzatore sociale per la disoccupazione. Quanto ad eventuali responsabilità a carico della sua amministrazione, egli sostiene di non rispondere degli atti presi dalla sua giunta, dai suoi consiglieri. Insomma, che paghino i cittadini foggiani. Quanto al Sindaco d’oggi, ing. Mongelli Gianni, per lui parla la foto qui a fianco: “Un bel mazzo di rose al sindaco uscente Ciliberti, accettando tutte le ‘spine’ che gli lascia… quell’amministrazione ”. Per questo politico, Mongelli, parla il lieto(?) motivo della sua campagna elettorale a sindaco di Foggia (vedi foto a fianco). “FOGGIA CAPITALE”. Sì, … dei debiti, dell’immondizia, delle strade piene di fossi e al buio, della tentata svendita dei beni patrimonio cittadino, della politica più oscurantista ed ipocrita ed inconcludente mai successa a Foggia. Una politica comunale, la sua, peraltro in dubbio d’essere stata ‘architettata’ dallo stesso partito cui i due sindaci appartengono, per ‘accompagnare’ il Comune di Foggia verso un fallimento preannunciato e finanche previsto. Ma insomma, c’è da credere che l’ingegnere Gianni Mongelli, fosse il politico adatto per tirare Foggia fuori dai guai che tutti conoscevamo? Dopo un anno di sua amministrazione, la situazione economico-finanziaria della nostra cittadina non è certamente migliorata. A parte i cumuli d’immondizia, le fovee stradali, le notti al buio, ci sono atti amministrativi pubblici che documentano come la sua politica è una favola di inutili storie, una favola, che serve soltanto a perdere tempo, mentre ci fa temere che essa nasconda chissà quali interessi, non certo in favore di noi cittadini. Perché è indubitabile che il sacco di debiti che sta sulla testa di noi foggiani (mentre abbiamo occhi e piedi rivolti a scansare buche e pattume) intanto ha prodotto e produce altri costi di giustizia e in interessi passivi. Egli si gigioneggia nella sua parte, riceve i nostri bambini, ai quali non può certo dire a quale futuro prossimo debbano prepararsi. E quando egli si proponeva come salvatore della nostra città? Un mito. Davvero credeva che quegli imprenditori che tanto hanno sempre avuto dal Comune di Foggia, si sarebbero messi in fila per ‘salvare Foggia’? Anche se poi il nostro sindaco Mongelli, poco autorevolmente, per nulla onestamente, proponeva loro di comprarsi un po’ di suoli edificabili? Che poteva garantire lui agli acquirenti? Che i diritti creditizi in mano al Tribunale non si sarebbero azionati per invalidare queste compravendite? Ma poi, caro il nostro Sindaco, possibile mai che tu non conoscessi bene quanto questi imprenditori siano freddi affaristi, duri, sospettosi, prudenti all’estremo, che non guardano in faccia ‘a nessuno’? Al punto che è pure inutile dirgli mmocc a’ l’imprenditor’.

Rimangono, prima di chiudere questo sfogo, i giornalisti dell’informazione locale. Che dire di essi? Non li preferiamo, se rinviamo al breve periodare iniziale. Certo, se i nuovi (giovani) giornalisti foggiani avessero un’attenzione puntuale e priva di preconcetti ideologici di parte, sui fatti della politica locale, i loro concittadini saprebbero per tempo che vita li aspetta. gma




















giovedì 18 novembre 2010

UNA SPERANZA DI RINASCITA PER FOGGIA.


DALL’UNIVERSITA’ UNA SPERANZA DI RINASCITA. MENTRE LA POLITICA abbatte FOGGIA.





Si laurea a Foggia Dacia Maraini, una tra le più conosciute scrittrici italiane.

La città di Foggia, allo stato odierno, non ha molto di che vantarsi. Le sue istituzioni sono allo sfascio. Il Comune è ad un passo dal dissesto. La Provincia spulcia gli ultimi euro. Altre istituzioni ed associazioni tengono convegni che nessuno segue. Ci rimangono: un po’ di teatro popolano, la squadra di pallone e…, dite voi cos’altro.

Un po’ di luce, che è pur sempre tanta, in mezzo al buio profondo che ci circonda, viene dall’Università degli Studi di Foggia. Dove, una delle più brave e conosciute scrittrici italiane, Dacia Maraini, oggi, ha preso la Laurea Honoris Causa. Se una scrittrice di tale calibro, per altro dotata di un talento spontaneo nel leggere interpretare e trattare i fenomeni sociali, analizzando sentimenti, persone, ruoli, decide di venire a Foggia, per ottenere un titolo di laurea che altre Università sarebbero state felici ed onorate di offrirle, ci sarà un motivo. Ed esso non può essere altro se non quello che la nostra Università ha un grande prestigio, tale da esaltare finanche la sensibilità personale e culturale di sì famosa scrittrice.

Un plauso, quindi, al Magnifico Rettore dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe, ed all’infaticabile Franca Pinto Minerva, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione, fautori di questa encomiabile iniziativa. E’ stata la Preside a proporre di conferire a Dacia Maraini la laurea ad honorem in Scienze della Formazione – Laurea specialistica in Progettista e Dirigente dei Servizi Educativi e Formativi, ‘per la funzione altamente educativa dell’impegno di donna scrittrice e di cittadina del mondo’. Laurea questa che, come sottolinea il Magnifico Rettore, viene conferita dal nostro Ateneo, solo a personalità davvero eminenti. La scrittrice Maraini è certo una di queste, nel panorama letterario italiano ed internazionale. Anche per avere elaborato, nella sua letteratura, studio e riflessioni sul ruolo innovativo che oggi la scrittura può e deve assumersi, nell’intero ambito culturale e d’espressione della società. Il che non è poca cosa, considerate le influenze devianti che internet, i media, il sistema in generale della comunicazione, esercitano negativamente sui giovani, sulla società futura. Le parole scritte dalla Maraini, le sue opere, e sono tante, tutte tradotte in gran numero di lingue, denunciano i conformismi, gli ideologismi di quel tipo di società che, per consumismo e per profitto s’è oggi estesa nel mondo, provocando il conformismo più grave che l’uomo possa esercitare, giacché in esso si smarrisce la ragione ch’è essenza dell’individuo, giacché da essa provengono mali infettanti come la violenza fisica e psicologica con cui s’attenta alla libertà dei popoli, all’integrità della famiglia, delle donne, al futuro dei giovani. La Maraini, le sue opere, anzi, il loro successo, il suo linguaggio descrittivo, sono la testimonianza certa che una cultura impegnata a risvegliare scienza e coscienza della società, pone in atto quel dialogo, ch’è ancora oggi la medicina migliore, la più adatta per riunire società differenti, lingue, religioni dissimili, in una cultura solidale, di responsabilità sociale globale. Altro che la globalizzazione incentrata sul consumismo, sull’interesse, sul mercimonio: stimoli quanto mai oggi nefasti per la convivenza virtuosa tra uomini e popoli.

Torniamo all’Università di Foggia, al suo Magnifico Rettore, alla docente Franca Pinto Minerva, preside della più giovane e dinamica Facoltà locale, quella in Scienze della Formazione. Ebbene, pensiamo che conferire una Laurea Honoris Causa, trasferendo lustro d’eccellenza dall’unica vera possibile missione dell’Università, che è quella di cultura ordinata nel concepimento reale d’una società sciente e cosciente, è un compito difficilissimo di responsabilità, deviando dal quale, si precipita nella banalità più cerimoniale. E davvero, per questa scelta, per la laurea oggi conferita alla Maraini, riteniamo che la nostra Università abbia dato lustro e parvenza di eccelsa cultura alla nostra Foggia.

Ciò, mentre noi foggiani viviamo motivi di forte apprensione per lo stato di degrado che corrode il benessere della comunità. Per apatia generazionale, per incapacità e corruttibilità dei nostri politici la nostra civiltà si ritrae sempre più dalle vie e dalle piazze, si riduce com’è, tra le mura domestiche.

L’Università di Foggia è l’unica a lasciarci la speranza di un recupero culturale e civile.

Che sia essa il cardine del progetto di ricomposizione dei pezzi culturali, politici, della civiltà dauna? gma

lunedì 15 novembre 2010

POLITICA POLITICA … IN CHE MANI SEI FINITA?


Senza la coesione tra popolazione e istituzione, senza il sacrificio degli interessi personali, senza un tono di verità e di serietà, non c’è Politica.

“Parlare della Politica non è semplice. Visto che essa è la chiave di lettura delle linee dello sviluppo sia delle istituzioni sia della popolazione. Toccare l’essenza civile della nostra popolazione, trattare una opinione circa lo stato odierno della democrazia, dell’economia, del lavoro, delle classi sociali, del mercantilismo, in atto nel nostro Paese, è esporsi ad ogni genere di critica. Farlo con un tono di verità, per amore verso l’Italia e noi Italiani, dà comunque coraggio.”

L’arte della Politica non c’è più. Secondo noi perché, al giorno d'oggi, la politica italiana non è più compito ed opera delle persone d’ingegno: quelle che avendo buon senso ed onestà di ragione, li usano efficacemente. A praticare la politica arrivano oggi persone che hanno un profilo soggettivo e professionale basso. Ne risulta una politica improvvisata, della quale costoro non sanno il significato, né la funzione e neppure l’animo etico con cui essa va esercitata. Giusta appunto l’importanza essenziale che tale materia o ufficio ha per lo sviluppo democratico della nostra Italia. Già simile condizione costringe la politica del nostro Paese ad avere un esercizio mercantesco, assoggettato sia all’interesse personale sia a quello dei grossi gruppi monetari. Invece il punto d’avvio della Politica deve stare oltre le tendenze particolaristiche ed egoistiche, altrimenti è a rischio la parte democratica della nazione: la sovranità del popolo, il suo esercizio rappresentativo. Lo scenario (meglio che ‘repubblica delle banane’ o ‘teatrino dei pupi’) della politica italiana di questi giorni, non senza simili motivi, ci rappresenta una situazione tipica della politica deviata. Il nostro popolo soffre le conseguenze di una crisi economica e finanziaria internazionale, che s’è aggiunta al peso del debito pubblico nazionale. I cittadini italiani hanno bisogno dell’intervento dei rappresentanti da essi eletti, affinché amministrino, da buoni padri di famiglia, la sorte dell’economia delle famiglie italiane. Costoro perdono il tempo, ben retribuitogli dagli italiani, in tutt’altra causa: si fanno la lotta per migliorare il potere politico personale, per avere un partito personalizzato dove agire nascostamente e trattare i propri affari. Questa non è la Politica, bene collettivo. Questo è tradimento, da parte dei pochi che indirizzano alla miseria il Paese, per averne un prezzo. Sembra che questa Italia sia tornata al paese di Machiavelli, ai tempi della meditazione Hegeliana sulla Politica. Perciò, a quanti scelgono di posizionarsi in un’ottica diversa dalla nostra, col solo scopo di poter rivoltare questo nostro concetto e darne uno di ‘colore’ diverso, chiediamo di non tradire la nostra Nazione, la sua storia d’unificazione. La Costituzione italiana, la sovranità in politica del nostro popolo, sono valori esistenziali, che non hanno il colore di un partito o una sigla per cui valga offendere un connazionale, come se egli fosse il nemico. E nemmeno essi possono essere celati dietro il volto di questo o di quel leader.

Alcuni invece ritengono che sia la politica a volare bassa. Per semplificarsi. Per adeguarsi ai cambiamenti che l’attuale società globalizzata ha attuato: adottando una vita pratica, mercantile, sintonizzata su esigenze e consumi che fanno da denominatore comune per la popolazione del globo. Insomma, questa Politica tanto criticata, sia definita essa contemporanea o moderna, non può essere più pensata alla Machiavelli o alla chi sa chi. Non ha più il valore di Idea. Perché i periodi della società cambiano nel tempo. Perché i modi di vita delle popolazioni civili cambiano, forse per migliorare e progredirsi. Insomma, anche la storia (pratica +idea) della Politica è fatta di periodi, per cui quelli passati servono per passare qualche studio di comparazione, ma non per definire l’Idea della Politica come un valore o un’arte validi sempre.

La Politica poi è fare continuo del pubblico interesse, ha un suo aspetto, quasi matematico, in cui la combinazione di numeri ed espressioni ha sì una prassi fissa, ma il risultato varia col variare dei numeri operati. Vale a dire che se la Politica è Idea, l’idea della politica varia, secondo i periodi della società e secondo le esigenze pratiche d’ogni periodo. Oggi è il periodo d’una società pragmatica, compattatasi globalmente e minimalmente su comuni esigenze di vita concreta. Essa rifiuta la differenziazione portata da idee dissimili, legate a culture diverse. Oggi, anche la politica è globalizzata, è minimale, in quanto focalizza pochi interessi sociali materiali: mutuabili velocemente, soprattutto consumabili facilmente. Per cui questa Politica più che degradata e debole nei suoi soggetti eletti, sarebbe un metodo di governo adeguato all’esistente di questa società, consorziata nella globalità. Una socialità che la butta sul corrispondente relativo: regole provvisorie, valori provvisori, politica provvisoria.

Certo che la Politica è politica delle genti, di popolazioni diverse. Perciò ci sta pure che per realizzare velocemente un’affinità estesa e comune tra nazioni culturalmente diverse, si sia fatto ricorso al buon senso, basato sull’approssimazione della relatività, più che alla ragione, che è, invece, esperienza e analisi dei processi storici singoli, per ciascuna popolazione, operanti su fattori specifici di religione, di tradizione, di cultura societaria. Dal buon senso nasce solo una politica approssimativa, tale da rendere possibile e veloce l’aggregazione delle società, statalizzate su interessi globali comuni.

Noi, però, riteniamo che anche una Politica semplificata, adottata per uno sviluppo globalizzato celere e sincrono quanto all’economia e alla finanza del mondo intero, non significhi assolutamente che i suoi celebranti debbano essere uomini semplicioni, arruffoni, per conseguenza imbroglioni. Questo perché l’uomo, anche quando opera concisamente e rapidamente, non è che debba rinunciare ai valori, sia personali, sia universali, per ‘calarsi’ in una figura generalizzata su un modello d’umanità abbreviata, ridotta a pochi comportamenti: possibili per tutti, condivisi da tutti. Peraltro l’amministrazione della cosa pubblica opera su pochi principi amministrativi, su una finalità unica che è il benessere costruito democraticamente, ridistribuito democraticamente. Resta quindi inopportuno e decadente, il pensiero di un’amministrazione semplificata, spostata verso l’area di un consumismo accelerato, secondo la dinamicità propria dei mercati e della distribuzione mercantile. Dove le uniche esigenze valenti sono quelle di favorire la produzione della ricchezza, gli interessi di pochi gruppi finanziari internazionali. Il che, in effetti, produce nell’uomo, nell’umanità esistente, una relatività soggettiva, che resta quella di una cultura ridotta ai minimi termini, cioè alleggerita dai valori: non più pensante e critica, non più basata sui meriti della capacità soggettiva, assolutamente asincrona rispetto alla centralità assoluta della sovranità del popolo.

Finisce che la Politica, mondiale più che globalizzata, torna ad essere una scacchiera, su cui ogni mossa è tesa all’esclusione della parte esposta, cioè la più debole, cioè la popolazione. Forse è per questo stato di cose che la Politica odierna è espressione degli interessi e del denaro dei grossi gruppi economici e finanziari. Altro che sovranità del popolo, altro che bilanciamento democratico dei poteri dello Stato. Quelli puzzano di moralità, di giustizia, di confronto d’onestà, di divergenze di opinioni, tutti sintomi questi della perdita di tempo, nonché di denaro.

Quanto agli individui che oggi rappresentano la politica, questo genere deviato di politica, come dicevamo, essi non sono che fanti ed alfieri (servi e portabandiera) dell’impulso denaro. Essi sono ancora eletti dal popolo, ma non avvertono la responsabilità di rendere conto ai loro elettori. Essi sono ridotti a fare i lacchè degli affaristi. Non hanno coscienza, ragione, cultura.

Politica. Politica e Politicanti italiani. E’ vero: oggi non siete più l’Idea della democrazia, dei partiti, della libertà della popolazione. Ciò è dimostrato dalla rapidità con cui il popolo v’ignora e vi disprezza. Non avete più storia. Fortunatamente siete soltanto un periodo. Anche questa decadenza passerà, inesorabilmente e di voi non rimarrà traccia. gma

giovedì 11 novembre 2010

PROTEZIONI & FAVORITISMI PRO DONNINE DEI DIRIGENTI ‘DON’(GIOVANNI) DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DI FOGGIA. ALLA FACCIA DELLA MERITOCRAZIA.

Le donnine prendono d’assalto il tempio della Politica, dopo avere scoperto, tramite i media, che quei suoi sacerdoti non fanno voto di castità, anzi…, che essi sono molto sensibili alle grazie delle sirene del sesso. C’è poi il particolare, non trascurabile, che a stringere rapporti intimi con questi dongiovanni potenti della politica, non c’è soltanto da arraffare denaro. Questi politici, per fare sesso, sono disposti a promettere di tutto: carriere prestigiose in televisione, nelle pubbliche amministrazioni, nel loro partito. Tale pratica non è che sia nuova. Ma sì: Historia docet… Soltanto che, al giorno d’oggi, affrancata da ogni moralismo, giacché fa ascolto nei salotti tv e fa vendita eccezionale di copie per i giornali, detta attività fa notizia, normale discussione, tra moralisti e liberisti. E non è dubitabile che, almeno oggi, a prevalere siano i liberisti, i libertini, gli uomini politici che vogliono poter fare sesso, senza sentirsi ‘votati’ ad una vita austera, che nemmeno conducono cardinali, prelati, monaci, nonostante il loro voto sacrale di castità.

Il problema, se esiste, è della donna, del suo modo d’intendere e di praticare la libertà personale.

Quanto alla Politica ed ai suoi officianti… Che dire? Anzi, che si dice? Che se non c’è reato di favoreggiamento della prostituzione, prevalga la privacy anche per l’uomo politico. Che se il fare sesso stimolasse questi signori a fare un po’ più di pubblico interesse… Poi, si dice, che i problemi legati al potere politico sono altri. I danni attuati dalla Politica contro il benessere del popolo sono sì quelli gravi.

C’è però un aspetto che fa riflettere. Su come, in definitiva, la spettacolarità di questa ‘nuova entrata’(?), il sesso, nel mondo della politica, stia a dimostrare che da questo spazio è scomparsa la figura dell’uomo rappresentativo, riservato, rispettato, dignitoso, del tutto Onorevole.

Se questo particolare di dignità nei rappresentanti la dignità del Popolo non deve esserci più, che sia il Popolo a deciderlo: fissando se certi valori, di comportamento, finora applicati ai soggetti istituzionali siano superati. C’è però l’evidenza che questi episodi di sesso, non sono accaduti naturalmente. Abbiamo scritto di un attacco delle sirene del sesso al mondo della politica: che di questi tempi è certamente più debole che non in passato.

Come non considerare che c’è un elemento di scambio in questo rapporto? Le export del sesso chiedono ai politici di abusare del potere concessogli democraticamente dal popolo, per un uso democratico. Pretendono raccomandazioni-assicurazioni, per agguantare un posto importante di lavoro. Questa occupazione, qualunque sia il settore lavorativo, comporta un danno, un abuso, verso chiunque ha titoli, meriti, necessariamente richiesti, per avere quel posto di lavoro.

Questo accade anche nel piccolo, piccolo, della nostra politica cittadina. Anche nei luoghi istituzionali della nostra Foggia c’è export di sesso. Abbiamo anche qui delle donnine graziose, bellocce, che volteggiano intorno ad assessori, a consiglieri, a dirigenti, tutti don (abbreviativo di dongiovanni) e certo non doc, per farsi e farseli, amanti, allo scopo di predare un posto di lavoro a chi ha titolo, merito e capacità. ALLA FACCIA DELLA MERITOCRAZIA.

Riandando con la memoria a ciò che la popolazione motteggiava sui politici foggiani: “sono arrivati con le pezze sul culo, mò tengono l’amante…”, si ricava che molti nostri rappresentanti hanno sempre tenuto lungo il loro potere e le loro mani verso il sesso femminile. Peccato che questo loro potere, più passionale che pratico, sia servito ai loro piaceri personali, non agli interessi della cittadinanza. Basta vedere Comune e Provincia. Tra quel passato, in cui la donna era vittima delle attenzioni programmate dal politico di turno per conquistarle, ed il presente, è cambiato che oggi sono le donne, del tipo disegnato in apertura di scritto, ad andare all’attacco per irretire in punto di sessualità i nostri politici. Che, stanti gli episodi che si descrivono nelle stanze e nei corridoi e nei bagni istituzionali, non sappiamo se per eccesso di mitomania o di imbecillità ormonale, sono sempre più vittime di queste partecipazioni di sesso.

Giorni or sono un certo presidente, di un incerto ente istituzionale, ha detto che anche gli ormoni, la pratica del sesso, sono fatti di cultura. Forse perché egli s’è sempre ritenuto uomo di cultura, persona umana, ma d’una spanna in più rispetto alla bassa platea delle persone di cui è solito circondarsi. Sembra che stiamo scrivendo d’umanità, non di sesso. Però… l’umanità di questo dirigente non a caso si fissa su una donna… alle sue dipendenze, nel suo pubblico ufficio. Guarda caso, egli la eleva arbitrariamente al ruolo superiore di funzionario, con relativo aumento della retribuzione, con la concessione di un non giustificato numero di ore mensili di straordinario che l’ente da lui diretto dovrà retribuire. Umanità, prurito…? Sta di fatto che la pretesa cultura di questo dirigente pubblico, diventa idea passionale: che una donna belloccia fa carriera a prescindere dalle sue capacità di svolgere funzioni per l’esercizio delle quali è richiesto un titolo superiore. Che vogliamo dire? Che se non sono le donnine a prostituirsi, sono gli uomini a fare mercimonio. Questo accade anche nei corridoi, negli uffici della pubblica amministrazione. Accade sovente negli enti istituzionali, qui a Foggia. Alla faccia della Cultura della Meritocrazia. Per la ‘faccia’ di una dirigenza politica, che non ha nerbo necessario per occuparsi del bene pubblico, che è capace solo di grattarsi sullo stimolo di un prurito personale. gma

mercoledì 10 novembre 2010

UN ATTACCO IN RITARDO CONTRO LE LOTTIZZAZIONI CHE ROVINANO L’URBANISTICA DELLA CITTA’ DI FOGGIA.



Gli Affari della Politica Foggiana nella Manovra Urbanistica dell’Ultimo Decennio.

Succede che una recente, sebbene ritardataria, indagine giornalistica riproponga i danni che la Città di Foggia subisce da un decennio, a causa di una cementificazione edilizia fuori dalla logica urbanistica, oltre l’esigenza abitativa, autorizzata da una Politica comunale condiscendente. Il che, in termini molto semplici, significa grossi interessi e somme di denaro, che, per tanti anni, hanno girato intorno e con la Politica comunale.

Evidentemente, quella situazione sta per riverificarsi ed il quotidiano foggiano l’Attacco ritiene di denunciare le occasioni d’interesse e le speculazioni che stanno per ricomporsi tra costruttori ed amministratori comunali foggiani.

Sappiamo che la situazione di cassa del Comune di Foggia è in passività, per cui l’amministrazione in corso, come si dice? batte cassa, dovunque è possibile reperire moneta. Non è una situazione nuova. Come dicevamo, è da un decennio che il nostro Comune specula sugli oneri di urbanizzazione. La speculazione consiste nel con-cedere alle imprese costruttrici aree su cui edificare solo per l’emergenza di fare moneta. Ma ogni Comune d’Italia, normalmente prende soldi dai costruttori. Solo che in un’amministrazione comunale decente, essi servono per corredare le aree edificate nuove con le infrastrutture necessarie. E tutto avviene nel rispetto di un piano urbanistico di sviluppo condiviso dai cittadini. Se per il Comune di Foggia si parla invece di speculazione e di sfruttamento legati all’edilizia, significa che i dirigenti amministrativi della nostra città, premono sul settore delle costruzioni, per rilasciare licenze d’edificazione, senza che esse siano previste da un piano per lo sviluppo urbano o siano sollecitate da esigenze di domanda abitativa.

Cosa significa questo? Che nella nostra Città, da un decennio, si costruisce senza un criterio urbanistico. In periferia sono sorti e sorgono continuamente cantieri e palazzi.

A macchia.

Senza una progettualità.

In onta a qualsiasi piano urbanistico.

A Foggia, a soffrire gravemente per questa situazione è la qualità della vita cittadina. La nostra Città, anno dopo anno, s’è vista relegare sempre più in basso nella graduatoria dei Comuni italiani, a causa del regredire delle sue condizioni di vita urbana.

Noi cittadini foggiani siamo da anni costretti a vivere in una città che cresce senza un ordine abitativo.

Mentre il Comune incassa da queste nuove costruzioni. Si paga qualche suo debito passato, ma non è in grado di provvedere alle infrastrutture e ai servizi sociali necessari nei nuovi quartieri di periferia.

Insomma, il Comune specula per quattro soldi, senza conteggiare le quantità di denaro occorrenti per fare vivibili e civili le nuove aree edificate, nonché quelle di prossima costruzione.

Accade che, nonostante tante speculazioni, l’amministrazione comunale di Foggia, non sia riuscita a riequilibrare mai i suoi conti economici, che, anzi, si sono aggravati, anno dopo anno.

Sino all’amministrazione attuale, che sembra sia stata ‘ordinata’ dal sindaco in carica, ing. Mongelli, per ben ‘ordinare’ le carte per il fallimento del nostro Comune, per farsi gli ultimi affari speculativi, con l’assegnazione di nuove aree edilizie, da cui prendere un bel po’ di soldi.

Da dieci anni questa nostra Foggia non ha uno sviluppo degno di tal nome, che faccia sperare in un futuro sereno.

In questo ultimo decennio d’amministrazione, al Comune non c’è traccia di un’azione amministrativa capace di liberare la città dalle pesanti passività esistenti. Ma non v’è traccia neppure, dentro Foggia, di opere urbane degne di tale nome, capaci di giustificare le centinaia di milioni spesi, gli altrettanti debiti.

I foggiani, unici e reali obbligati al pagamento di queste passività, debbono pure adattarsi a vivere in una città che, da un decennio, non è tale.

Qualche mano ignota scrive sui muri cittadini: “Siamo in una città dormitorio”. Ciascuno dia la sua interpretazione. Senza neppure ignorare che in quei dormitori giace supina una popolazione apatica, soprattutto indifferente, verso l’accozzaglia di politici che hanno sgovernato, sino alla prostrazione, questo Comune.

Non c’è Tribunale per questi falsi amministratori, per questi speculatori. Forse non c’è neppure reato nelle loro malvagie decisioni, prese sempre con la parvenza della legalità. Ma dallo sdegno e dal dolore dei foggiani che amano Foggia, che soffrono per il tracollo della sua civiltà, dovrebbe almeno venire fuori una condanna popolare verso quegli amministratori che presero decisioni negative per Foggia, certo mai condivise dai foggiani. Che i loro nomi, per scelta del popolo, figurino per sempre come disonorevoli.

Quanto al ‘Dissesto finanziario’ che sembra stia per precipitare su questa nostra Città: c’è chi lo cita; c’è chi non ne parla. I primi sembra siano da ritenersi foggiani cattivi, quasi che a pronunciare la parola dissesto, esso poi arrivi. I secondi addirittura passerebbero per i salvatori della Città.

Ma questo dissesto sono i cittadini foggiani che se lo cercano, che se lo chiamano? Se c’è, c’è. Se c’è, sono stati i dirigenti politici che hanno amministrato le casse comunali a crearlo.

Bando alle ciance, soprattutto a quelle che riguardano certa politica. Come quella messa in giro da un giornalista, a proposito dell’attuale Sindaco Mongelli. Non sappiamo se egli dorma vicino al primo cittadino, sta di fatto che spesso egli scrive come costui non dorme sonni tranquilli, a causa del gravoso impegno di salvare Foggia.

Se Mongelli non dorme tranquillo è piuttosto per il fatto che egli sembra coprire il malaffare di quella politica comunale che precedette il suo incarico. D’altronde, egli si candidò sindaco per quello stesso Partito cui appartenevano l’ex sindaco Orazio Ciliberti e gli amministratori che indebitarono oltre il consentito il nostro Comune di Foggia.

Ciance sono anche quelle di coloro che vogliono spostare l’argomento accusatorio sugli imprenditori dell’edilizia locale. Sono stati questi a corrompere la politica? Forse l’hanno fatto. Forse stanno per rifarlo. Ma se è la politica che si fa corrompere, sono i politici i corrotti. Gli altri fanno affari per il loro mestiere. Mentre ci sarebbe da capire come mai le somme di questa corruzione non siano servite neppure ad arginare la deriva debitoria del Comune di Foggia.

Certo viene da piangere a noi foggiani, non soltanto per il pericolo della dichiarazione di dissesto finanziario del Comune, quanto per l’evidente dissesto che sta riducendo a brandelli strade, giardini, piazze, scuole, monumenti della nostra Città. Tutto perché il Comune non è in grado di fornire i servizi essenziali. Eppure noi foggiani: lavoratori, imprenditori, professionisti, etc. etc., lavoriamo, ci buschiamo, come si dice, la giornata. Comperiamo appartamenti, macchine, mobili, elettrodomestici, telefonini, etc. etc.. Ci facciamo i nostri viaggi turistici. Ma, cosa dobbiamo fare per avere una Città vivibile, dove passeggiare senza il rischio d’infortunarci a causa di un marciapiede dissestato? Non è questo il Dissesto? gma

sabato 6 novembre 2010

UNA POLITICA INESATTA COMMENTA LA COSTITUZIONE INESATTAMENTE.

La Carta Costituzionale Italiana è lo schema del nostro Stato. Essa stabilizza in sistema di legge l’accordo con il quale i territori e le relative popolazioni italiche si costituirono in Stato: la nostra Italia. Nella Costituzione vengono fissati i principi, le prassi di governo, le esigenze dello Stato, nonchè le azioni pubbliche e sociali fondanti la vita della nostra nazione, sebbene essa sia composita nelle sue genti, quanto alla provenienza, alla cultura, alla ideologia sociale e politica.

L’accordo sta nella scelta della popolazione di farsi cittadina nel sistema Stato e quindi di assoggettarsi alle leggi statali in cambio del miglioramento della propria vita. La libertà dell’individuo, qualità essenziale dell’esistenza individualistica, viene liberamente ridimensionata rispetto all’autorità dello Stato. Questo momento-condizione, questo ricondizionamento, è l’aspetto oggetto che motiva la scelta della Carta Costituzionale: il passaggio da popolazioni territoriali alla forma di Stato nazionale.

I valori etici, religiosi, sono fuori dalla forma concreta che ha questo accordo, tra gente e sistema statale. La forma del Governo nazionale italiano, il concreto della Politica, come momenti elettivi e decisionali del sistema democrazia che sintetizza le scelte e le aspirazioni di sviluppo del popolo unitario, non presuppongono forme d’aggregazione e di comportamento indicate e vincolate dall’etica e dalla religione. Il fine concreto ed immediato del patto legiferato tra popolazione e Stato, sta semplicemente nelle esigenze di sviluppo comune elencate nello statuto ordinamento.

Alla Politica va legata la funzione di rappresentare le esigenze del popolo elettore e di realizzarle in modo democratico, uguale per ogni cittadino.

La Carta Costituzionale Italiana è ritenuta ancora oggi un modello di coesione democratica. Purtroppo, ad un progetto costituzionale eccellente non sempre corrisponde una Politica d’eccellenza. In alcuni periodi la popolazione soffre le conseguenze di uno sviluppo involutivo: la recessione dell’economia e dello sviluppo nazionale, l’aumento della disoccupazione, la perdita del valore d’acquisto della moneta in corso, la diffusione della povertà sociale. Sono tutte le condizioni messe alla base dell’accordo costitutivo tra popolo e Stato che vanno in sofferenza e confusione.

Ma, una Politica che degenera è il prodotto conseguente a una società sofferente e confusa? Forse No! Fin quando la Politica è eletta ed i governanti sono la parte distinta, onorevole, della nostra società. Ma succede anche che alle elezioni si propongano sempre più dei soggetti poco distinti, poco onorevoli. Quando essi sono tutti tali e quali da non avere arte né parte, finisce che il popolo sceglie i meno peggio, che poi sono sempre peggio, perché al peggio non c’è limite di svalutazione.

La Politica italiana è oggi impersonata da ‘animali vacanti’; vale a dire da esseri ignoranti, che vagano fuori d’ogni direzione sensata, ingombrando inerti l’area di sviluppo della popolazione. Insomma, questi individui sono vuoti d’ogni qualità che si vuole distingua i soggetti politici. E, come dice il cartello a lato, è consigliabile ‘antare atacio’ (andare adagio), perché la situazione è realisticamente di pericolo per la salute della popolazione.

Certamente, rispetto allo ‘stato’ deprimente, in cui versa la politica italiana, c’è poco da ridere. Al punto che noi cittadini non sappiamo come la satira riesca ancora a farci ridere, quando prende a deridere questi politici dementi.

E’ conseguente a questo stato di cose, che la Carta Costituzionale, le sue leggi, che disciplinano l’attività del governo, siano correntemente il manuale, il libro con le nozioni fondamentali per gli uomini politici di governo e per i politici in genere. E siamo al punto critico. E’ ovvio che questi nostri politici, che sono inesatti, imprecisabili, terra-terra, non comprendano il dettato costituzionale. E’ probabile che non riesca loro facile neppure la sua lettura. Ed allora, via il ‘libro’ delle regole da interpretare e da rispettare nel rispetto dell’interesse generale. Si va avanti come gli animali: si vaga sulla scia degli odori; in direzione del cibo da arraffare. Altro che scienza della Politica.

Anche se ci sono alcuni soggetti politici che in base ad una dignità minima effusa dal ruolo sentono l’utilità di studiarsi la Carta costituzionale del nostro Paese. E pure in questo caso, a venirne fuori, come risultato di una lettura personale, leggera, impreparata, sono soltanto interpretazioni inesatte, corrispondenti al personaggio, alle sue trovate, più che ad uno studio appropriato. Forse è questa confusione(?) interpretativa che stimola tanti a parlare di religione, di morale, piuttosto che di scienza del fare l’interesse pubblico. Come titolavamo: “UNA POLITICA INESATTA COMMENTA LA COSTITUZIONE INESATTAMENTE”. Con grave danno della democrazia, degli interessi fondamentali e primari di noi italiani. In questo modo, a piè sospinto, nei salotti dei media, sindacalisti, politici e politicanti, si buttano, a parlare di diritto al lavoro, di imprenditoria da speculatori, di diritto di famiglia, senza farsi scrupolo di citare, a modo loro, la ‘santa’ Carta Costituzionale dell’Italia. Per noi cittadini, da questo scenario scellerato, venga fuori un impegno dignitoso: Studiare la nostra Costituzione, servendoci del commentario di un bravo costituzionalista. gma