lunedì 20 dicembre 2010

E' Grave Impolitichirsi* o Farsi Impoliticare*.

Anche la facilità, la velocità, con la quale oggi vengono fuori nuovi gruppi politici, induce a pensare che il processo secondo cui s’evolve la società attuale proceda ormai distaccato dai principi ideologici. E’ il moltiplicarsi degli interessi economici che porta nuovi gruppi politici. La convinzione, primordiale come l’uomo, è che stando in gruppo l’individuo ha più possibilità d’arrivare al risultato agognato. Il gruppo politico ha in più il potere di fare derivante dalla politica. La subitaneità moderna dell’affare economico, non consente più quei tempi di maturazione di cui qualsiasi coscienza avrebbe bisogno, per apprendere, per maturarsi in una ideologia. Il cittadino che chiede l’iscrizione al partito, il partito che deve concedergliela, dovrebbero avviare un periodo scolastico, di conoscenza reciproca, finalizzata a comprendere se l’unione si può fare. Invece non c’è tempo per questa pratica. L’associazione moderna avviene sbrigativamente. Si sa che i partiti accettano chiunque, a braccia aperte, a causa del sistema politico attuale, incentrato sul confronto diretto ed aspro, interno ad un sistema nato come bipolare e subito declinato verso il bipartitismo. Ed allora, il cittadino si sceglie il gruppo politico che è in grado di concedergli un pronto, ampio spazio, per la realizzazione dei suoi interessi personali. E’ anche vero che questa prassi, all’interno dei partiti politici, trova ancora l’ostacolo di posizioni ideologiche, di principi insistiti circa l’onestà intellettuale dei partecipanti al partito, circa la morale caratterizzante la posizione politica di base al partito. Ma è evidente che questo valore ‘dienneatico’ del singolo partito, sia stato ridotto al ruolo di refrain, di simbolo, di sapore di un partito. Come il detto di una pubblicità territoriale, che recita di ‘tradizioni, monumenti e sapori’. Mentre all’interno del partito, dietro la facciata, si nascondono le attività più frenetiche e feroci dell’arricchimento a mezzo rapina, del denaro che è della popolazione e che serve per la sua crescita civile. Dietro la posizione di gruppo-partito si muovono interessi personali, l’ossessione personale di globalizzare-monetizzare l’affare di turno, prima che s’esaurisca il suo breve tempo. In questa temporaneità urgente, è facile che s’alzi la voce del mascherante ideologo, di colui che ha nel partito il ruolo di recitare l’apoteosi partitica sui diritti della popolazione, sul valore etico, in modo doloso e disonesto, rispetto al valore unico dell’etica, della morale, del diritto. E quanto più polposo è l’affare in via di realizzazione, più i partiti sono interessati ad attizzare gli umori semplici e sovente violenti del popolo credulone. Un popolo che non s’accorge di venire coinvolto, per sostenere interessi certamente non suoi, dovendo in ogni caso pagare caramente il prezzo di una battaglia che non lo interessa e che anzi danneggia la sua civiltà. Siamo convinti che questa analisi non sia populistica o da qualunquismo. Solo perché qualcuno sostiene che questa prassi c’è sempre stata, senza tuttavia dire se essa sia o no giusta. Noi, per di più, siamo convinti che questo scenario abbia avuto uno sviluppo ulteriormente negativo. C’è stata la sua modernizzazione. Almeno due passaggi sono avvenuti dalla fine della repubblica detta prima. In quel periodo, il potere politico chiedeva a quello economico di finanziargli le attività in misura percentuale al valore delle opere di cui gli assicurava la realizzazione. Intervenne Mani Pulite ed i Partiti sotto l’azione investigativa giudiziaria si dissolsero, non senza avere confessato, persino in Parlamento, che il sistema di corruzione riguardava l'intero sistema della politica italiana. Non per questo azzeramento, così molti lo definirono, riferendolo al potere politico corrotto e non a quello corruttivo delle lobby dell’affarismo, si poteva ritenere che queste due forme di potere si redimessero. Non era pensabile neppure quando si ideò di una seconda, diversa, repubblica. Tant’è che nessuno parlò apertamente del perché la democrazia in Italia dovesse declinarsi in onestà e non in complicità illecita. Con la seconda repubblica ha coinciso il nuovo sistema del mercato globalizzato. Un sistema semplificato del controllo degli affari in ogni punto del globo che ha dato più forza economica, finanziaria, al ‘mondo’ affaristico. Tanto che esso ha deciso di entrare direttamente in politica, facendosi eleggere deputati e senatori di fiducia. Ecco il nuovo girone di una politica italiana gestita per proprio uso e consumo dal potere finanziario-economico. Una politica con le parvenze formali della democrazia. Elezioni nazionali, regionali, ecc.. Voto del popolo. Il popolo elettore ancora più sistematicamente gabbato da una politica non più sociale, certamente dei grossi affari delle lobby internazionali e poi nazionali. Nulla di nuovo e di peggio per il popolo? Nemmeno con la globalizzazione? Non lo crediamo. Questa politica dell’affare senza fare molto per il popolo, è venuta assumendo toni di violenza e di crudeltà. Non parliamo dell’ingiustizia sociale di chi ci governa. Diciamo di un fare della politica dei partiti che spregiudicando ogni valore democratico, fa del confronto politico uno scontro di forza, in cui ogni arma è usabile se è utile per fare fuori l’avversario. Detto questo, è forse populismo e qualunquismo quello del popolo esacerbato, della società dei giovani disperati, ai quali, giorno dopo giorno, i governanti danno esempio di sopraffazione, di derisione, spinto sino alla distruzione dell’avversario? Il qualunquismo viene solo dai soggetti corrotti, dai complici della delinquenza e dei delinquenti.

La seconda repubblica nasce al comando del potentato economico, che eleva al rango di uomo politico persone con un’anima culturale diversa da quella dei parlamentari della prima repubblica. Cambia il sistema elettorale. Le nomine alle funzioni dello Stato partono direttamente dal premierato dei partiti. Ciò cambia la figura dell’uomo politico, oggi singolarmente persona gradita e di fiducia per il partito. Nel primo decennio di questa repubblica dell’affare, vediamo parlamentari senza scienza della politica, senza cultura dello stato democratico, assolutamente ignari del rispetto istituzionale per la sovranità del popolo. E non poteva essere diversamente, dato il denominatore che accomuna questa politica, che non è più espressione della scienza del fare per il bene nazionale, che è, bensì, automatismo robotico, ideato dal potere economico. I nuovi uomini politici sono uomini d’affari. Non hanno cultura della politica. La loro estrazione e formazione si fondano sull’azzardo utilitaristico, sulla spregiudicatezza, che li puntano diritto al guadagno di servizio per le lobby al potere.

I connotati di questa politica sono indecenti e non democratici.

Il discorso argomentato, tra i partiti, è solo partecipato e non trattato come momento compositivo dell’accordo possibile nell’interesse generale del popolo, cui far seguire la realizzazione scritta della legge. Esso non è più obiettivo determinante, in questa politica che ha carattere utilitaristico.

Il più forte, il potere economico più forte, domina e non tratta con le parti economicamente più deboli. Non c’è accordo. Predomina l’imposizione. Non c’è più diplomazia. Ovviamente, ciò apre la strada verso lo scontro politico, oltre l’immaginazione, dentro la provocazione.

Le parti politiche arruolano soggetti non certo moderati, anzi, veri esperti non della comunicazione, bensì della disinformazione; esperti fanatici della violenza non solo verbale.

Non riteniamo che questa politica, incernierata col potere economico, sia un fenomeno(?) passeggero. Nel senso di un possibile ritorno ad una politica focalizzata sull’interesse generale della popolazione.

Tuttavia, è pensabile che essa decida di migliorarsi, col darsi un po' di dignità e di democraticità.

Per avvicinare questa evoluzione migliorativa, servirà che la politica d’opposizione non tracimi nella violenza; che anzi lavori sul rafforzamento e sull’ammodernamento degli unici strumenti utili a questo scopo: quei valori che consolidano la gente, nei momenti in cui essa si fa stato.

Momento decisivo per arrivare ad un moderno patriottismo, potrebbe essere quello in cui il cittadino partecipa coralmente alla politica, anche sostenendo l’economia delle lobby, legandovi però la condizione irrinunciabile che quelle realizzino in contemporanea gli interessi che il popolo vuole, necessari per la crescita delle classi sociali più deboli. O dobbiamo rimanere sulla piattaforma di una politica monopolizzata dai più forti poteri economici e gestita ai livelli regionali e provinciali da una cricca di amministratori, certo non tecnici, certo incompetenti e criminali, che pensano solo ai propri affari?

gma

giovedì 16 dicembre 2010

FOGGIA: UN NATALE DA ACCADEMIA DELLE BRUTTE ARTI!


All'Accademia di Belle Arti di Foggia il premio per l'arredo natalizio più bello.


















Al II° Posto il Comune, per i suoi addobbi

stradali e per il Teatro comunale sfinito

















al III° posto la Provincia






non classificabili: luminarie, vie, piazze, esercizi commerciali...






















domenica 12 dicembre 2010

NATALE E FINE ANNO 2010 NELLA NOSTRA FOGGIA.


UN OCCHIO E IL CUORE SU FOGGIA PRIMA DEL NATALE.

Perché un occhio solo? Forse temiamo che una visione completa di Foggia, con entrambi gli occhi, sia troppo critica. Quindi, teniamo un occhio socchiuso, solo per questo periodo, prossimo al Natale, alle feste di fine 2010, mentre sbirciamo la nostra Città, le piazze, le vie, i negozi e, soprattutto, il fare delle persone. Ebbene, le luminarie caratteristiche, che solitamente addobbano ed illuminano le vie cittadine, sono già completate. Le vetrine dei negozi hanno già l'aspetto natalizio. Sono colme d’abiti eleganti, di oggetti regalo, tipici di questo periodo. Che ‘aria tira’ in questo periodo a Foggia? La sensazione che ne ricaviamo è quella di una miseria generale. I commercianti da anni non credono più che questo periodo apporti vendite eccezionali, tali da riequilibrare le scarse vendite dei mesi precedenti. Così, sono stati parchi nell’investire soldi in adorni spettacolari e quindi costosi, anche se essi potrebbero promozionare le vendite di questo periodo. Non vediamo per Foggia una vetrina veramente importante, sfavillante, emozionante. Neppure vediamo una strada bene addobbata, con gusto, con un po’ d’inventiva. Ci sono le solite (usate e vecchie) quattro lampadine scolorate, impilate, che illuminano un bel nulla, che anzi diffondono malinconia e senso di frustrazione. Insomma, se pure la nostra Città è da molti anni indietro, rispetto ad altre città, quanto alla qualità della vita urbana, non è detto che ciò dovesse essere anche per una sì banale cosa, quando sarebbe stato sufficiente documentarsi su come a Natale, queste città facevano arredo. Il che, fosse stato oggi ripetuto qui a Foggia, già sarebbe stato originale. Almeno per la circostanza che vedremmo anche noi foggiani i commercianti ed i loro rappresentanti di categoria stare insieme per progettare un qualcosa di concreto e di utile per tutti. Invece il relativo settore di categoria, ovvero la locale Camera di Commercio I.A.A. di Foggia, non ha mai 'brillato' nella sua funzione istituzionale, quella di stimolare e di supportare i commercianti con piccoli progetti che siano d’incentivo alle loro vendite, in periodi particolari, come quello di Natale. D’altronde, se leggiamo il testo di una pubblicità di C.I.A.A. “Mettetevi alla prova... faremo grandi imprese.”, comprendiamo che le iniziative devono ‘farsele’ i commercianti; poi, gli eventuali successi, saranno merito anche della Camera. Là dentro, a Foggia, funzionari e dipendenti pensano alle ricche tredicesime in arrivo. Delle quali soltanto una minima parte finirà nelle casse dei negozi foggiani. Questa fine d’anno, a livello di funzionari e di dipendenti, dopo quelli di banca, sono i ben retribuiti della Camera di Commercio di Foggia ad avere comperato nelle agenzie i viaggi più chic e costosi. Il che non è certo una critica. Che vadano a divertirsi, di ragione, dopo avere faticato sodo. Solo che tante Città italiane, in questo periodo, si distinguono per le tante iniziative organizzate dalle associazioni dei commercianti: per animare questi giorni festivi, per incrementare le vendite, per attirare la gente, ed infine, anche per dare prova della loro presenza istituzionale. Invece, a Foggia, questa fine d’anno si respirerà un’aria ancora più ‘pesante’. Qualcosa o tutto, non funziona come dovrebbe. Si direbbe, ma finora i media locali, continuando il loro silenzio complice, non ne parlano, che ciò dipenda dall’austerità economica in cui versano il Comune di Foggia, l’Ente Provincia di Foggia. Non ci sono soldi, anzi, sono tanti i debiti istituzionali da pagare. Non ce n’è neppure per i servizi essenziali alla Città: la pulizia delle strade, il rappezzo dei fossi stradali. Come pretendere che questi enti, nelle festività di fine anno, mettano su qualche iniziativa di svago, per rallegrare i cittadini foggiani? Specie se costoro, come recentemente ha denunciato un sindaco da favola con triste epilogo, sono cattivi pagatori dei tributi locali? Riteniamo anzi che l’assessore alla legalità, sicurezza e mobilità urbana di Foggia, i cosiddetti vigili urbani dipendenti, siano già andati in vacanza. Giacché, in questi giorni, frequentando i corsi della nostra Città, rileviamo che è persino faticoso passeggiarvi, a causa delle consistenti bancarelle di merce illegale dei venditori extracomunitari. Assessore e vigili(?) consentono che esse occupino buona parte del marciapiede, che ostacolino il passeggio dei cittadini, che, messe a qualche metro dalle vetrine dei negozianti regolari, impediscano di osservarvi la roba in esposizione. E che cavolo, non ce l’abbiamo neppure con questi ragazzoni, venditori da marciapiede. Non siamo razzisti. Che sia un buon Natale per tutti. Perciò il nostro assessore doveva trovare il modo pacifico, un accordo con questi giovanottoni, affinché si frequentassero col pubblico in un’area appropriata, anche abbellita. Uno spazio che divenisse un nuovo luogo d’incontro tra i foggiani con etnie dissimili, le quali dovevano pure convenire di non portarvi attività illegali. Insomma, un modo ci deve pur essere, per evitare che i marciapiedi del corso siano il luogo di tentazione sia per i cittadini sia per i commercianti, gli uni ad acquistare oggetti illeciti, gli altri a reclamare esasperati l’intervento degli agenti municipali. E ciò, sappiamo che avverrà. I vigili arriveranno, a sequestrare il materiale (illegale anche in questi giorni di ‘bontà’) a questi ragazzi. Col disappunto dei nostri concittadini. Non sia altro che per l’azione di voltafaccia che questo assessore compirebbe. Dopo avere consentito a questi giovani, in tempo di festa, quando tutto ‘va’ bene, di ‘farsi’ quattro soldi, passata la festa, fa intervenire le guardie municipali e giù con sequestri e multe che certo superano i piccoli incassi fatti da quei poveretti.

Ciò che ci fa cadere le braccia, in questo periodo, è invece ascoltare da numerosi concittadini che molti foggiani emigrati hanno deciso di non tornare a Foggia, per trascorrere le festività con le loro famiglie d’origine, con i loro amici di gioventù. Sono figli, giovani, famiglie intere di foggiani che ormai preferiscono ’farsi il Natale’ nella città in cui lavorano. Le motivazioni? Sono delusi dalle condizioni problematiche di vita che intristiscono questa nostra Città. Qualcuno dice che il Natale è un’avventura da godersi minuto dopo minuto. Certo non si dice di minuti da vivere soffrendo le delusioni causate dalla visione della città natale, degradata in una condizione vergognosa. Questa volta sembra che il loro amore per la città di Foggia, in cui essi nacquero, che essi amano, nonostante non vi abbiano potuto risolvere i loro problemi di lavoro, di dignità di vita sia personale sia familiare, sia rimasto paralizzato, confuso, dalla stessa vergogna che consuma noi foggiani, visibilmente. Una vergogna che neppure la prossimità del Natale ci addolcisce. Essa rimbalza da strada a strada. La si trova sul viso della gente. Sta nei comportamenti ovattati dei foggiani che ancora passeggiano per la città. Indolenza e apatia di carattere a parte, noi foggiani sembriamo proprio avviliti dall’aria ‘pesante’ che ci circonda. Ma ‘che’ è morto? Buon Natale, qui, da Foggia, anche ai concittadini che quest’anno ne staranno lontano. gma

mercoledì 8 dicembre 2010

L’ex Sindaco di Foggia CILIBERTI e i Foggiani maramaldi.


Nel periodo 2005-2009 Foggia è cresciuta. Un po’ di merito va al mio governo.


L’ex sindaco s’allarga. E’ un vizio il suo: largheggiare. Come fece con i soldi dei cittadini foggiani, dal 2005 al 2009, periodo in cui fu sindaco. Appena dopo la presentazione della burla (cosa detta o fatta per ingannare altrui, ma senza danno o offesa, a solo fine di ridere –dal diz. della lingua italiana ‘Palazzi’) da parte dell’associazione ‘MeglioFoggia’ sulla qualità della vita a Foggia.

Egli, con un’attenzione singolare, simultaneamente alla presentazione dell’altrui facezia, scrive al quotidiano locale “l’Attacco” e si fa pubblicare la missiva con cui reclama per lui e per gli amministratori dell’epoca il merito dei progressi di vita sociale appena magnificati da quelli di “MeglioFoggia”. “I dati sulla qualità della vita a Foggia – così scrive Ciliberti – presentati dall’associazione MeglioFoggia, parlano di una città che, dal 2005 al 2009, ha continuato a crescere, nonostante gli effetti devastanti della crisi economica mondiale...”. Cortese Ciliberti, prima e più della crisi mondiale, la storia di Foggia sottolinea che le condizioni economiche di questo Comune, sono state disastrate durante la sua amministrazione. Sta di fatto che il sindaco succedutole, Mongelli, trova le casse del Comune vuote. Si trova pressato giornalmente da una folla di creditori che gli sbattono in faccia atti giudiziari esecutivi, che non può pagare. Egli, per evitare che la nostra Foggia sia sepolta dal dissesto finanziario, proprio in questi giorni sta svendendo terreni ed immobili del patrimonio cittadino. Ricordiamo a Ciliberti che la sua funzione di Sindaco s’è conclusa l’anno 2009, che l’attuale Sindaco è in carica dal 22 giugno 2009. Certo è che nonostante la bravura che tanti cittadini e commentatori politici riconoscono all’attuale sindaco, non è stato lui, la sua amministrazione, a dare origine a questo scatafascio economico.

Invece ecco Ciliberti, ad invocare, con la sua missiva, “un po’ di merito agli amministratori locali che dal 2005 al 2009 hanno governato la Città”. A suo dire, lui e quegli amministratori hanno avviato utili politiche sociali di sostegno, servizi locali, infrastrutture. Insomma, Ciliberti s’appiglia a quei dati che l’associazione “MeglioFoggia” ha appena dichiarato in crescita, nel suo pamphlet sulla qualità della vita della comunità di Foggia. E si ‘allarga’, anche se con furbizia predice: “Non so se il report sia attendibile...”. Esso non lo è, quindi neppure lei, caro ex sindaco, è attendibile, quando ‘Il Sole 24 Ore’ pubblica il dossier 2010 sulla qualità della vita nei capoluoghi italiani.

La nostra Città, Foggia, è oggi classificata al penultimo posto, 106° di 107, perdendo ben sette posizioni rispetto alla classifica 2009. Ecco i dati enunciati dal quotidiano nazionale, estesi per settore di rilevazione, paragonabili con quelli dell’anno scorso:

Da questi dati, risulta che sono carenti propri i servizi ai cittadini. A testimonianza del disinteresse e dell’incapacità delle politiche di sviluppo territoriale che affliggono Foggia da un decennio. Quel poco che emerge, in quasi positivo, è legato alle iniziative che partono dalla comunità foggiana, nonostante esse siano colpite e poi affondate da politici locali incapaci, menefreghisti, arroganti.

Tornando a Ciliberti, alla sua ultima lettera, che, come lui ben sapeva, ha avuto ancora spazio editoriale, stante la poca verbosità dei foggiani e la sonnolenza della stampa locale, ci meraviglia di più, rispetto alla sua pretesa di encomi dal pubblico foggiano, la sua scelta, quasi prioritaria, di chiamare “maramaldi” coloro che non condividono la positività della sua attività di sindaco. Maramaldi, secondo il dizionario della lingua italiana, sono i traditori, vili, che infieriscono sui deboli o sui vinti. A parte il fatto che lei, Ciliberti, non è un debole, non è un vinto. Se mai sarebbe solo vittima consapevole della politica che ha frequentato e praticato, forse rimanendone imbrogliato. Ma lei, quale comune cittadino, anche ragionevole, rispetti coloro che la pensano differentemente da Lei. In fine dei conti, non è cosa da poco, lei riesce a farsi pubblicare ogni sua lettera, senza che qualche redazione aggiunga per i lettori qualche nota di commento o di presentazione. Comunque, non pensiamo che i foggiani la offendano, allorquando la incontrano. Ce ne scuseremmo noi per loro. Quindi, neppure lei offenda chi ritiene la sua parentesi come sindaco politicamente e non polemicamente negativa, quanto i conti economici del Comune di Foggia, così come lei li lasciò. Lo sa che noi non riteniamo positivo e produttivo spendere denaro pubblico, qualsiasi sia il bene immediato da fare per la comunità cittadina, senza preoccuparsi che in tempo medio esso avrà compensazione e copertura. Lei dice che “Foggia è cresciuta e ancora crescerà, lasciandosi alle spalle il suo brutto passato...” Speriamo, cortese Ciliberti, speriamo... gma

domenica 5 dicembre 2010

MEGLIO FOGGIA

Foggia, i foggiani e i meglio del meglio.

E' un convincimento, non un auspicio, quello che è alla base della raccolta periodica di dati che l’Osservatorio dell’associazione “MeglioFoggia” conduce da anni nella nostra cittadina, monitorando le variazioni della qualità della vita, dentro settori ritenuti fondanti per lo sviluppo della comunità foggiana.

I dati rilevati, secondo “MeglioFoggia”, devono “consentire agli amministratori, agli esperti, ai cittadini di verificare, non solo la coincidenza o le difformità esistenti fra realtà/identità e percezioni, ma, in particolare, a chi amministra la res pubblica di capire le reali esigenze della collettività.

Qualche giorno fa c’è stata la presentazione dell’ultimo monitoraggio condotto dall’Osservatorio dell’associazione. Esso riporta le variazioni intervenute nel periodo 2000-2009, nella città di Foggia, nelle undici aree prese a riferimento, che sono: Ambiente, Benessere economico, Cultura e svago, Disagio, Istruzione, Lavoro, Popolazione, Salute, Servizi alla collettività, Servizi del terziario, Sicurezza. Ad ognuno di questi settori hanno assegnato un valore: 1, 2, 3, che esprime la sua forza di propulsore per la qualità della nostra vita.

A lavoro concluso, tabella alla mano, da oggi, è più facile fare meglio: per noi cittadini foggiani; per i nostri amministratori, che, in tutta ovvietà, erano presenti al preambolo dell’opera. D’altronde questa “MeglioFoggia” è dei “meglio” di Foggia: Lanfranco Tavasci, Micky De Finis, Michele Mazzone, ecc., ecc..
Una garanzia assoluta, l’anima più genuina, tra quelle che hanno a cuore il benessere dei foggiani. Ed andiamo a commentare l’operetta in questione.

Tale ci sembra, anche per il modo d’esporre e di disporre i dati raccolti. Comunque, a parte i numeri, gli indicatori, il metodo usati, essa ci sembra riflettere solo un lontano, lontano, punto di vista del reale stato di vita dei foggiani, della reale condizione della nostra Città. Vogliamo dire che un punto di vista diverso, distante, disagevole, non è mai in grado di trasformare quanto s’osserva. L’oggetto visionato è pur sempre lo stesso. Eppure la visione che si ricava da questo assemblaggio posticcio, circa la qualità della vita qui a Foggia, è del tutto annebbiata: rispetto alle situazioni esistenti, nitidamente visibili, che affliggono i cittadini normali; rispetto al ‘disfacimento’ operato negli ultimi dieci anni da coloro che amministrano la res pubblica locale. C’è in effetti tutta una difformità fra realtà esistente e la identità di chi ha percepito e montato questi dati, allo scopo di alleggerire le responsabilità dei nostri amministratori. Non certo per non dispiacere la società foggiana. Pazienza. E’ chiaro che ci troviamo di fronte all’ennesimo lavoro ‘di cultura’, voluto dagli associati “meglio di foggia”. Peraltro un lavoro di fine anno. Come i film programmati per rallegrarci(?), durante le festività di fine anno. Insomma, non ci sembra che questo lavoro sia espressivo, in maniera nitida, della qualità (o meno) della vita urbana che si conduce a Foggia. Eppure i meglio di Foggia dicono che “MeglioFoggia” è un osservatorio che sa rilevare la qualità della vita nella città di Foggia. Tuttavia, a parte l’elencazione stringata di alcuni dati numerici, lo scarno e illetterato apparato di note che l’accompagna, ci sembra che uno studio serio e, senza dubbio, ben finanziato, su come si vive, poi, nella nostra città, dovesse essere più onesto, piuttosto che ‘fatto meglio’. Non si possono non trattare organicamente, per non dispiacere il meglio del ‘meglio’, i settori che influiscono sulla evoluzione della sociologia foggiana (geografia territoriale, architettura, ingegneria, ecologia e urbanistica, mutazioni sociali, sostenibilità urbana, sistema produttivo territoriale), cioè quei fattori politici e amministrativi governanti il nostro territorio, cui vanno legati serratamente gli elementi che minacciano l’effetto urbano e la vivibilità della comunità foggiana. Leggemmo così, che Foggia ha un tendenza di crescita in positivo, che la vivibilità, anzi, la qualità della vita è in aumento. Perché ... Cultura & Svago è in aumento. Che poi ogni giorno si leggano quattro (proprio quattro -non per dire-) quotidiani ogni cento persone, che le biblioteche siano deserte, non è un fatto negativo? La visita ai musei è sui valori più alti: quali musei, quante visite? E poi? Un ‘intorcinarsi’ di contraddizioni. Un vuoto criminoso sulla qualità della politica, sui partiti, sul non fare dei politici di turno qui a Foggia. Leggiamo che il numero dei nostri laureati diminuisce, mentre aumentano gli studenti che abbandonano gli studi universitari. Il reddito medio delle famiglie foggiane è sceso. Il debito dei foggiani con le banche è aumentato. Diminuiscono le vendite delle auto nonostante la rottamazione. Degli appartamenti, sebbene sia calato il costo a metro quadro. Nel settore lavoro sembra invece che i dati siano buoni, soltanto perché è aumentato il numero delle imprese e i fallimenti diminuiscono. Però i protesti e i debiti rimasti insoluti aumentano. L’Ambiente? Si legge stringatamente dell’aria che è peggiorata, dell’acqua che migliora, però, grazie al nitrato che vi viene aggiunto, dell’immondizia (sentite!sentite!) che va meglio per la raccolta differenziata in aumento (ma quale raccolta differenziata!). Poi, dell’Ambiente, non si rileva altro. Dello stato del verde pubblico, di giardini, vie, piazze, geografia territoriale, ecologia, urbanistica, ai cittadini foggiani non viene riferito nulla. Servizi alla collettività? Servizi del Terziario? Servizio sociale? Quattro chiacchiere per sottacere la loro inesistenza, a causa di una politica inefficiente e menefreghista, circa i bisogni pure elementari di una comunità che si voglia almeno definire civile. Eppure per i meglio di foggia Foggia è in crescita. Forse i loro affari personali sono in crescita. Constatiamo che siffatta gente può ancora operare senza impedimenti in questa Città sino a parlare con strafottenza ed insensibilità ai cittadini foggiani, quasi a deriderli. Perché costoro, i ‘meglio’, non parlano, non hanno interesse a parlare, nemmeno di sé. Si fanno in silenzio i loro affari, aiutandosi tra loro, solidalmente, come massoni.

Ieri, il quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato altro studio sulla qualità della vita nei capoluoghi di provincia italiani. Foggia è al penultimo posto nella graduatoria. Il Peggio della Vita Urbana c’è solo a Napoli. Lo diciamo così, come fosse una iscrizione sepolcrale, anche ad evitare d’essere equivocati. Ci torneremo in argomento. Prossimamente. Se ne avremo voglia, perché prima d’entrare nei dettagli di una condizione tanto vergognosa, bisogna preservarsi stomaco e mente. Intanto andate in internet: http://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2010/home.shtml o, se volete selezionare direttamente i dati che riguardano la nostra Foggia, digitatevi http://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2010/home.shtml?gtdpage=qvita_2010_province_foggia

gma

sabato 4 dicembre 2010

I SI DICE

I Si Dice: Per me la politica è finita da quando non ha più soldi.

In tanti parlano al telefonino con un’intensità di voce così alta che tutto ciò che dicono (urlano) è udito anche da chi non è interessato ai loro fatti. Ciò accade in treno, in biblioteca, in ascensore, anche per strada. La circostanza, molte volte, dà fastidio. In qualche caso è invece motivo di riflessione. Non so: sull’irritazione di chi parla, sul modo errato di relazionarsi telefonicamente con un genitore, con la moglie, con un figlio. Sulla pretestuosità, sull’illogicità, sull’iniquità di chi, sconsideratamente, rovescia cumuli di parole in uno strumento che serve per comunicare e non per litigare a distanza.
E’ domenica mattina, le strade di Foggia sono ancora spopolate. Un tizio esce dal portone di casa ‘urlando’ nel telefonino, in dialetto foggiano: “Che me ne frega. Per me la Politica è finita quando ha finito i soldi. Io non vengo ad ascoltare nessun politico, se non ne ricavo niente”. Costretto a ‘ricevere’, mi scappa qualche considerazione sul modo in cui alcuni considerano la Politica. E’ evidente che tanti cittadini, non percepiscono da essa l’idea di partecipazione e di condivisione al sistema democratico con cui la società, nazionale o locale, orienta la crescita del benessere comune. La Politica è ritenuta mercimonio, ricompensa, strumento per un guadagno personale. Chi pensa che un politico, per crearsi consenso, debba pagare finanche chi prende parte a un’adunanza, certamente è convinto che la politica si muova soltanto per denaro, giacché essa è una macchina che muove interessi e soldi, dei quali è giusto accaparrarsene una fetta. Questo modo di pensare la politica è certamente il riflesso di un malcostume, generato dalla stessa politica, a partire da un passato non certo recente, ma, neppure perduto. Qui, a Foggia, negli anni 60, durante il periodo delle elezioni, arrivavano da Roma, via Bari, dalle direzioni politiche della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano, alle direzioni locali di partito, ‘valigioni’ pieni di denaro. A quei soldi miravano i tanti galoppini al servizio dei partiti politici. Essi, in proporzione con i numeri delle liste di elettori che sostenevano di poter gestire, ‘intascavano’ una somma di denaro, che doveva servire a comprare voti, a pagare parroci e preti, monaci e monache; a tenere pranzi; a distribuire ‘buoni di benzina’. Insomma, soldi in cambio di voti. Chi sa della condizione economica del popolo italiano, non solo foggiano, a quei tempi, si rende altresì conto che, intascare qualche biglietto da diecimila lire, non lasciava indifferenti e faceva gola a tanti. Da allora, sino ai tempi d’oggi, questo malcostume è continuato. Il voto è ancora in vendita. E’ cambiata la contropartita. Perché coloro che mercanteggiano i voti elettorali, sono intanto diventati gente meno sempliciotta, che negozia diversamente. Certamente sono più affaristi ed anche il prezzo della merce trattata è salito. Così a una parte di moneta contante, s’è aggiunta la proposta di ottenere dagli eligendi dei favori, delle raccomandazioni.
Per questo, siamo convinti che una Politica che fa ‘correre’ pochi soldi, oggi, venga considerata dai soggetti politicanti una iattura: perché il loro mandato scorre, si consuma, senza produrre totalmente il denaro necessario per pagare i voti occorrenti all’elezione. Che ciò accada mentre l’intero Paese è ‘sotto’ crisi economica, dovrebbe fare riflettere. Vale a dire che a una politica con meno soldi dovrebbe corrispondere una minore tentazione di procurarsi guadagni ingiusti. Macché. Il cittadino se ne frega. Anzi, per il fatto che scarseggia l’equa moneta, egli avverte ancora di più il bisogno di euro. Poi, gli euro che paga la Politica, hanno uso e consuetudine vecchi, forse sono ritenuti anche consacrati. E i politici? La Politica? Quello di questi signori è un pensare(?) a parte, cioè particolare, in quanto devono pensare in linea con i desideri del popolo. Il nostro Stato ha un debito pubblico enorme? Il nostro Comune è subissato dai debiti? Per una tale calamità è indispensabile risanare i conti; è essenziale una sana e trasparente amministrazione. Nulla di incomprensibile questo. Normalmente basterebbe l’opera, forse gratuita, di un ragioniere sensato, per mantenere in equilibrio contabile le entrate con le uscite. Ma non in politica, come ha dichiarato, giorni or sono, un ex sindaco di Foggia. “Come facciamo noi politici a dire ‘non possumus’ (non possiamo!!!) ai cittadini bisognosi di un alloggio, di un impiego?” Non poteva. Anche se il Comune da lui amministrato era pieno di debiti impagabili, al punto che egli stesso dichiara che all’epoca: “Il Comune era un cattivo pagatore”. Così cattivo pagatore, che ogni cosa acquistata veniva a costargli (...gli=a noi cittadini) tanto di più. E lui, il sindaco buono, elargiva impieghi, posti di lavoro, che quel suo Comune non era in grado poi di pagare. E bravo il Sindaco “possumus”. Forse per questa logica scriteriata, mentre lo Stato Italiano è sotto controllo della Banca UE, per i conti in passivo, mentre il Ministro delle Finanze è attento a non aumentarli, ascoltiamo, ogni giorno, esemplari politici che, irresponsabilmente, in un’opposizione nauseante, chiedono per la popolazione: il taglio delle tasse, l’aumento dei posti di lavoro, previdenze per i disoccupati, la fine del lavoro precario, il diritto agli studi universitari a costo zero, abitazioni, matrimoni, famiglie figli e ... prosperità per tutti. Come dice la nostra Costituzione, rimarcano con aria ebete, sorridendo. Fosse questo nostro Stato nelle condizioni di offrire tutto questo a tutti noi. Invece c’è quella debitoria pesante, da decenni, che aumenta ogni anno il suo totale passivo. Una situazione forse legata ai tanti, troppi possumus, di politici, che da decenni stanno in Parlamento o al Senato, incassando senza merito appannaggi e agevolazioni, costosissimi, a prescindere dalla loro capacità di produrre se non condizioni di guadagno per il popolo che li elesse almeno la possibilità che i conti dello Stato non si aggravino. Invece costoro chiedono di aumentare il loro potere di partito e quello personale, senza nemmeno spiegare i programmi, i costi, l’esistenza di risorse economiche, tali da consentire in favore del popolo italiano: il taglio delle tasse, l’aumento dei posti di lavoro, previdenze per i disoccupati, la fine del lavoro precario, il diritto agli studi universitari a costo zero, abitazioni, matrimoni, famiglie figli e ... prosperità per tutti. A voler essere cattivi e cinici, bisognerebbe consentire loro di governare. Per poi seguire, giorno dopo giorno, il loro governo, contando al pallottoliere le loro realizzazioni. E laddove le loro restassero solo chiacchiere amare, per noi populisti incitaddinati, se la meriterebbero del tutto la Rivoluzione: di un sacco di schiaffi e di tanti calci nel culo. gma