domenica 30 gennaio 2011

FOGGIA HA MAI AVUTO UNA POLITICA PERLOMENO DEGNA DI TAL NOME?

Parliamo della politica che amministra il territorio di Foggia, delle pratiche di governo locale che hanno l’impegno di realizzare lo sviluppo economico, sociale, del Comune, della Provincia di Foggia.

Non avendo individuato un efficace percorso programmatico di questa politica, vale a dire delle iniziative concatenate ed articolate intorno al preciso obiettivo di migliorare la comunità locale, comunque dei risultati che, in serie, fossero assumibili come la traccia insistente di una tale pratica, ci siamo detti che la politica qui a Foggia è soltanto un nome, privo dei significati concreti che, punto per punto, ne individuano sia la presenza, sia l’operatività. Coerentemente, abbiamo sempre scritto per sommi capi la negatività, complessiva, della politica locale. Eccetto l’avere citato qualche Sindaco, a causa della responsabilità che lo legava a fatti amministrativi negativi, di depauperamento delle risorse economico-finanziarie del nostro Comune, noi abbiamo sempre mancato di analizzare da vicino, cioè per parte politica e quindi per soggetto, quanto di detto decadimento comunale, fosse ascrivibile al partito al governo e quanto all’opposizione, quanto al singolo assessore oppure al consigliere comunale. Insomma, se dobbiamo valutare dai fatti concreti lo sviluppo della nostra Città, in un arco temporale sia pure recente, diciamo dalla seconda repubblica ad oggi, ebbene non c’è poi da argomentare in positivo sulla presenza in loco di una politica attiva, che fosse fonte di menti insigni e di soggetti amministrativi encomiabili a causa della loro efficienza.

Sta di fatto che i cittadini foggiani sanno ben poco dei componenti il Consiglio e la Giunta Comunale di Foggia, succedutisi in carica nei sette anni scorsi. Abbiamo mostrato le loro foto, abbiamo fatto i loro nomi, insistito su quelli che hanno ricoperto o ricoprono incarichi amministrativi di rilevanza per lo sviluppo di Foggia. Sono risultati essere degli sconosciuti privilegiati. Eppure sono gli eletti dal popolo. Insomma, l’esito dell’indagine ci ha lasciato sgomenti, al punto da aprirci a considerazioni filosofico-politiche sul rapporto esistente tra la comunità foggiana e la politica locale. Sbrigativamente, diciamo che deve avere un senso il fatto che, in internet, la home page del nostro Comune, dopo circa due anni dall’insediamento della giunta comunale, non riporti ancora le foto personali dei suoi componenti. ‘Foto prossimamente disponibile’, è la nota che leggiamo da tempo. Ci sono quelle del Sindaco e di due assessori sui nove in elenco. Assenza da avvilita è quella del Vice Sindaco di Foggia, che è una donna, pure presentabile, perciò doveva tenerci a pubblicare la sua foto. Eppure sollecitammo il sindaco di Foggia, con una nostra e-mail, a fare completare la pagina web sulla giunta, per dignità di Foggia e per il rispetto dovuto a chiunque visitasse il sito internet del Comune. Siamo stati tentati di riproporgli la richiesta, ogni volta che ci è capitato, per informazione, di entrare nella home page di altri comuni nazionali. Ed ogni volta abbiamo rinunciato a farlo, con la considerazione che questi assessori foggiani dovessero curarsi da sé l’arroganza, la scostumatezza, l’insensibilità sia individuale, sia politica, da cui sono afflitti, con cui essi contravvengono alla dignità della funzione amministrativa affidatagli dai cittadini.

Abbiamo ritenuto di interrogare due consiglieri del nostro Comune, uno appartenente al gruppo di maggioranza, l’altro all’opposizione. Relativamente giovani per età, entrambi molto rappresentativi della politica foggiana, sia per il praticarla da qualche decennio, sia per il particolare di riportare elevati consensi in occasione delle elezioni locali. Entrambi hanno dichiarato la difficile situazione amministrativa in cui si trova il Comune, la pesante e pericolosa debitoria che frena ogni iniziativa di governo cittadino, l’incerta ed ambigua situazione politica della maggioranza, tesa a proteggere l’operato dei reggenti la precedente amministrazione (d’identica appartenenza partitica). A tale proposito, al consigliere dell’opposizione, abbiamo attribuito un’azione politica di contrasto troppo morbida in ambito di consiglio comunale, al punto da sembrarci complice della maggioranza che governa il Comune. La replica, in verità, è stata ferma: un lungo elenco delle denunce presentate in ogni riunione consiliare, tutte inascoltate, con le quali accusano la maggioranza al governo del Comune di Foggia, di continuare a coprire i misfatti risalenti alla precedente amministrazione d’eguale fede politica, di favorire i soliti costruttori palazzinari, d’ignorare le reali necessità della cittadinanza foggiana.

Ci viene da pensare che la politica esercitata a Foggia, rifletta la situazione di quella nazionale. Con la seconda repubblica, la pratica del governo ha ceduto al potere dei gruppi finanziari italiani ed internazionali presenti, tante sue prerogative. Il governo italiano oggi sembra paralizzato, indebolito, in preda ad un’inutile ed equivoca conflittualità verbale. E’ così anche a Foggia? Tale analisi certamente non riguarda la situazione della politica e dei politici qui a Foggia. Dove, da decenni, manca una Politica degna, che perlomeno fosse da definire tale. Sì, i costruttori, qui a Foggia, pieni di soldi, grezzi e rudimentali nella costruzione, hanno sempre avuto potere economico che spesso hanno usato per corrompere e comprarsi la politica locale. Ma la solita morale non può applicarsi soltanto a loro. Gli eletti politici, scaduti nella foggianità corruttibile e corrotta, non furono scelti dal popolo foggiano perché si facessero il loro sporco gruzzoletto. Il loro mandato stava nell’impegno obbligato di fare lo sviluppo civile della comunità di Foggia. Quelli d’essi che per incapacità intellettuale e per disonestà ostacolarono il benessere dei concittadini, furono e rimangono degli uomini sleali e malviventi. La politica foggiana ha fatto di tanti dei malviventi. Il nostro popolo li elesse, li elegge, poi non ne ricorda neppure il nome. Quando ne ha bisogno, per ricavare qualche favore, deve farsi rimorchiare prima da chi mediò il suo voto, il ‘galoppino’. Con questa politica da ‘stalla’, stallatica, che immobilizza la città di Foggia alla memoria-condizione dell’ultima guerra (basta guardarsi grotte, interrati, palazzotti in rovina, che ci circondano), così come a individui che rintanano nella politica la loro mente diroccata, come farà la comunità foggiana a recuperare modernità, sviluppo? Cosa questa assai ardua se la nostra Città continuerà a rimanere agli ultimi posti della classifica dei comuni italiani, sopportando di restare città-spazio dell’irrealizzabile, del confutabile, a causa di un pessimismo abitudinario e facile a viversi. Piuttosto desideriamo che Foggia diventi lo spazio del probabile, dove l’esercizio quotidiano è misurarsi in scelte di valore, provenienti dal dialogo critico tra un popolo di valore e di salde tradizioni civili, che mira a farsi convinzioni diffuse sulla civiltà, con concittadini esperti e di valore, capaci di realizzare le convinzioni individuate per progredire nella modernità. Allora per Foggia ogni giorno sarà quello che ci auguriamo da tempo: buongiorno Foggia. gma

lunedì 24 gennaio 2011

POLITICI PER LA MORALE?

La verità come proposta di parte. La morale di parte.

In questi giorni la Morale è oggetto di discussione in tutto il nostro Paese, dal quale s’è poi diffusa, grazie al cosiddetto ‘tempo virtuale’, nel mondo. Quasi che questo potesse sentire simultaneamente e concordemente la necessità di analizzare la morale, per concordare una posizione comune sul tema. La Morale che diventa globale? E che viene esaminata e dibattuta attraverso il sistema e con i mezzi della globalizzazione? Tutti i media, tutta la comunicazione, ne trattano, la pubblicano, in ogni salsa, pure se la materia in oggetto è certamente la meno adatta ad un mondo, quello globalizzato, così scarsamente morale, la cui unica strategia sta nei numeri delle vendite concluse, nel valore della somma del denaro totalizzato. Non c’entra in questo mo(n)do globalizzato, pure assortitamente corrotto, il valore della verità, poi quello sulla morale, sulla politica, solo perché legato alla persona del ‘Premier’ italiano Silvio Berlusconi.

Questi è indagato dalla magistratura italiana, ufficio di Milano, per due presunti reati. Dei quali non parliamo. Per il motivo che la loro sussistenza è ancora in istruttoria. Per la qual cosa riteniamo prematuro parlare persino della presunzione d’innocenza e di quant’altro sia legato alla normativa giuridico-penale. E poi, noi vogliamo parlare, civilmente, del perché questi presunti fatti del premier Berlusconi, arrivati sui media d’informazione, sono stati subito presi come fatti gravissimi, lesivi della dignità: uno) -del popolo d’Italia, due) -dello Stato Italia, tre) -della sua politica migliore, visti nel contesto del mondo intero. Sino a divenire la Morale, come valore generale, globale, del comportamento degli individui, il tema da discutere urgentemente e approfonditamente, al fine di sottrarlo al vulnus che il premier italiano Berlusconi le avrebbe inferto. Con quale arma capitale? Con la sua scostumatezza da libertino, aggravata in misura capitale dal fatto che essa veniva esercitata col potere di uomo-leader del governo italiano. Una grave immoralità, è stata quella eccitazione smisurata scatenata nei giorni scorsi dai mass-media nazionali. Oppure fu immorale la pacatezza con cui il popolo italiano prese la faccenda? No. Poi ci torneremo su questo punto. Quel popolo, noi italiani, naviganti-amanti-poeti e con troppi santi, conosciamo bene la politica che si sta praticando da qualche tempo nel Paese. Molti italiani sanno di più di quanto si ritiene. E poi, basta leggersi la Storia, sì, quella con l’esse maiuscola, non certamente quella che stanno recitando giornali, televisioni, mercenari della notizia, tanti uomini politici, moltissimi massoni.


La compattezza sincronica con cui oggi la macchina di certo moralismo, giustizialismo, s’è messa in moto nella Politica italiana, ricorda un altro episodio, che riguardò un politico di rilievo della politica italiana, a fine della prima repubblica: Bettino Craxi. Secondo noi maciullato come politico e assassinato come uomo, da un disegno simile a questo, basato sul fine esclusivo (senza morale) d’eliminare il politico nemico. Concetto questo, molto autoritario, poco democratico, per nulla morale.

Certa politica, quando entra in fibrillazione, a causa dell’impotenza e della debolezza nel governare la nazione, pone mano ai conflitti di potere e all’inganno e alle affermazioni insincere, per cercare di rimanere a galla.

In questi giorni, a proposito dell’omnia Berlusconi, dementi hanno tirato fuori la questione della moralità, la trasparenza che deve avere un leader politico, l’onestà della politica. Ognuno ha proposto il suo sermone, la sua verità sulla morale. Senza guardarsi troppo vicino. Anzi, mirando lontano. Qui a Foggia, abbiamo sentito un presunto intellettuale, pagato dalla politica, dire che si vergognava dei ‘fatti’ berlusconiani. Con occhi elevati fabulava saccentemente la sua verità sulla morale. Non solo incolto, per non comprendere cosa sia la morale, ma assolutamente imbarazzante a rappresentarla perché egli non ne ha mai praticato i contenuti, essendo egli stesso immorale, poco onesto, molto libertino nei comportamenti. Ebbene, noi riteniamo che qualsiasi verità sia, nel contesto sociale e politico attuale, una proposta relativa circa la virtù in generale. Molto discutibile e relativa se la sua discussione non è preceduta ed accompagnata dal tono di un colloquio pacato e ragionato e rispettoso delle parti. Quando esso devia decisamente nell’accusa violenta, monotematica, unilaterale, non declina più i valori di un concetto oggettivamente onesto e degno, nemmeno i valori comuni ad una società plurale e democratica. Ci sembrano invece troppi gli infami che della vicenda Berlusconi hanno scelto di farne l’innesco per un conflitto sociale, con il solo fine d’eliminare l’avversario politico. Insomma, la morale, diciamo quella pratica, esistibile, deve trovarsi non in nomi assoluti, come la religione, la politica, la giustizia, la nazione, bensì nella responsabilità dell’individuo all’osservanza di comportamenti che la convivenza democratica ha cristallizzato in regole vigenti. Secondo noi, questo significa che Berlusconi, stante l’ipotesi giudiziaria d’aver violato le leggi del nostro Stato, deve essere giudicato in Tribunale. Se Berlusconi ha tenuto comportamenti poco morali, indegni per la funzione politica che il popolo sovrano gli elesse, deve essere giudicato democraticamente, attraverso il voto del popolo italiano. Se poi si vuole discutere dell’aspetto oggettivo della sua moralità, ognuno ne parli, dopo essersi preparato a tenere un colloquio civile, onesto, focalizzato sull’individuo moderno, che è interprete della società cui appartiene e delle regole vigenti della convivenza. Considerando come la società, dai tempi antichi all’oggi, ha variato valutazione sulla prostituzione, sul libertinaggio. Il che significa anche che ognuno di noi, prima di parlare, prima di scegliersi moralizzatore, abbia considerato le proprie responsabilità, abbia valutato i propri comportamenti sociali, senza ambiguità: Sono io un soggetto morale? Sono io virtuoso nel rapporto con gli altri? O vivo l’ambiguità immorale di accusare gli altri (uomini, socialità, genti diverse) per il gusto o per l’utilità del loro annientamento? gma


mercoledì 19 gennaio 2011

S' FANN' NNE' CAVEDE NNE' FRIDDE (Si fanno nè caldi nè freddi).

Questo è un altro modo di dire, in dialetto foggiano, che ascoltiamo frequentemente, per bocca della gente comune, dai foggiani che passeggiano, s’incontrano, discutono dei fatti correnti. Questo “S’ fann’ nnè cavede nnè fridde” se lo dicevano due noti professionisti foggiani, dinnanzi ad un’edicola, in pieno centro cittadino. Eravamo così vicini da capire, ascoltando la loro conversazione, che esso veniva riferito ai politici locali, i quali, stando alle loro opinioni, così come espresse, “Se ne fregano delle condizioni in cui stalla la Città, mentre pensano solo ad incassarsi i loro ricchi stipendi d’amministratori inutili oltre i soldi che prendono dalle lobby di potere di cui sono i servitori”.
Insomma, da questo modo di dire viene ancora fuori l’opinione generalizzata di una politica locale insensibile al suo dovere primario, che è quello di dover fare, per migliorare ordinatamente e sistematicamente le condizioni di vita della società foggiana. Un fare di fatti concreti, diciamo anche visibili, che migliorino a vista l’aspetto di Foggia, l’architettura, l’edilizia, le vie, gli spazi verdi, la viabilità, i servizi sociali di questa nostra Città. Non tralasciando l’ordine, la sicurezza, un modo di vivere insieme che sia inequivocabilmente affermato per tutti. Una declinazione più civile e rispettosa e onesta, del senso di democrazia cittadina che deve correlare la politica locale, l’amministrazione comunale, i rappresentanti del popolo cittadino con l’intera comunità di Foggia. Invece... E’ appena iniziato l’anno 2011. Un nuovo, altro anno. Quanto nuovo? Quanto altro? I fenomeni (e sono essi davvero fenomenali) che pesano negativamente sulla nostra Città ci sono tuttora e sono continuativamente gli stessi. D’altronde, se i fatti sono il prodotto dell’uomo dentro un movente sociale, è conseguenza che Foggia sia quella degli uomini che vi vivono: politici, amministratori, cittadini. E ciò sarà fino a quando la società foggiana non maturerà la ragione ed una volontà precisa di farsi cittadinanza civile, quindi progredita. Il che non è ancora. Basta leggere i giornali locali di questi giorni, per rendersene conto. La politica di questa città è impegnata a vendere suoli del patrimonio comunale alla solita cricca dei soliti ricchi della solita edilizia locale, per tapparsi qualche buco della grossa falla economica, debitoria, fatta dall’amministrazione comunale precedente. Precedente sì, ma ancora condizionante, politicamente e concretamente, l’operato dell’amministrazione oggi in carica. Il sindaco attuale non dorme la notte, perché deve studiarsi come aggirare, l’indomani, il dettato-controllo di chi vigila sulle regolarità amministrative dei Comuni nazionali. Povero Mongelli sindaco, continua a dire qualche foggiano sensibile ed emozionabile. Mentre in consiglio comunale l’opposizione, in rappresentanza di una parte di cittadini numericamente importante (vedansi i dati e i fatti delle ultime elezioni comunali foggiane), chiede ripetutamente le dimissioni della giunta, non ricevendo risposta sulla reale entità del debito del Comune, né sullo stato delle procedure di risanamento finanziario dichiarate, né sull’utilità delle alienazioni di suoli comunali attuate per evitare il dissesto finanziario già paventato dalla sezione di controllo della Corte dei Conti di Bari, il 26 luglio 2010. Intanto la contesa non impedisce a qualche politico di continuare a perpetrare i suoi interessi, di farsi assumere dentro le istituzioni cittadine i parenti, le amanti, i parenti delle amanti. Intanto aumentano i cittadini che protestano per lo scarso decoro delle vie cittadine: la sporcizia, il fondo stradale dissestato, l’immondizia non regolarmente svuotata dai bidoni della raccolta. Questa politica indifferente, “né calda né fredda”, riflette tuttavia il senso civico apatico e persino disonesto di molti foggiani. Pensiamo a quanto costa, qui a Foggia, assicurare un’auto o un motorino, a causa non tanto del numero d’incidenti causati da concittadini guidatori imprudenti, quanto dai foggiani ladri d’autoveicoli e da quelli associatisi a delinquere con truffe in danno delle società assicuratrici. Non ci rassicura la notizia recente della nascita on line di un gruppo di cittadini foggiani “Amici della Domenica”, interessati a smuovere il degrado urbano, a sollecitare i concittadini a ritrovarsi la domenica nelle piazze per verificarne lo stato urbano di vivibilità e per richiamare gli amministratori alla loro cura. Essi dicono che “s’ pote fà” (si può fare). Certo che si può, anzi ciò si deve fare. A condizione che su queste iniziative sincere e libere non si buttino i politici alla ricerca di consensi elettorali. A condizione che il campo (le piazze) non venga invaso, disturbato, occupato, dall’intervento delle associazioni locali che vanno al seguito della politica e dei soldi che vi girano intorno. Dal tempo che la politica foggiana maneggiona è a corto di soldoni, esse associazioni sembravano bloccate. Le ultime notizie le davano impegnate contro i proprietari dei cani che caccano per strade e giardini. Che gli Amici della Domenica aumentino, si moltiplichino e moltiplichino il senso civico della nostra cittadinanza. Che poi essi diventino semplicemente Amici, ogni giorno, ogni momento, in ogni situazione di crescita della nostra Foggia. Perché è urgente risanare la nostra città, senza dimenticare di moralizzarne la parte politica ripulendola dai soggetti nocivi, siano essi inetti o disonesti. Questi vanno tenuti lontani dalla politica del fare ed anche dalle piazze cittadine. gma

martedì 11 gennaio 2011

I PANNI SPORCHI DI FOGGIA...

QUI A FOGGIA SINDACI E POLITICI VANNO GATTONI COME GLI ANIMALI PREDATORI ...

I foggiani mirano i panni stesi di questa città tra tetti e balconi, ma non è là che stanno i panni sporchi.





A rimirare dall’alto tetti e comignoli, terrazzi e balconate, piazze e vie, della parte antica di Foggia, pensi alla gente che là in basso vi vive, rifletti sullo spirito della foggianità più essenziale che accomuna quelle persone. Questa città è abitata da gente operosa, volenterosa; talvolta piccata nei sentimenti e piagnona e lenta nelle reazioni. E’ gente che dopo il disastro della guerra ha saputo ricostruirsi una vita urbana. Riedificandosi la casa. Recuperando con i beni familiari anche le ragioni del vivere la cittadinanza. Risalendo e migliorando ogni giorno la propria posizione sociale. Con ostinazione.

Peccato che le sia mancato il sostegno della politica territoriale.

“Sti quatt’ mariull’ (questi quattro ladroni)”. Così i foggiani apostrofavano i poli

tici e gli amministratori locali. Ritenendoli evidentemente poco capaci di programmare e poco intenzionati a realizzare uno sviluppo ordinato per la loro Foggia.

Quanti, di quella gente, laggiù, sanno che, nei giorni scorsi, gli amministratori del Comune di Foggia hanno svenduto al miglior offerente terreni del patrimonio comune dei foggiani? Quanti sanno che il loro Comune ha messo su una massa di debiti prossima al dissesto finanziario? Quanti sanno che negli ultimi sette anni, le amministrazioni comunali di questa nostra Città hanno ritenuto di potere e dovere spendere nel governo del bene e del benessere cittadino, somme spropositate rispetto a quella che entrava nelle casse comunali? Quanti sanno, perché il loro sindaco lo ha detto pubblicamente, a quanto ammonta esattamente (è cosa onesta) il debito del Comune di Foggia? Quanti sanno se l’introito derivante dalle recenti svendite di beni del patrimonio comunale, sarà sufficiente ad evitare il ‘fallimento’ del Comune di Foggia?

Due sono i Sindaci ai cui nomi, alle cui amministrazioni comunali, si collegano questi atti vergognosi per Foggia, dei quali, tuttavia, non sono da ritenersi responsabili i cittadini foggiani.

Per ricordarli, eccovi, a fianco, la foto che li ritrae al passaggio delle consegne da sindaco: Orazio Ciliberti, sindaco di Foggia negli anni dal 2004 al 2009; Gianni Mongelli, attuale sindaco, dal 22 giugno 2009.

Ciliberti sindaco, la situazione economica del Comune della nostra Città va in rovina, accumulando una quantità tale di debiti, da non dovere essere certificata nei bilanci annuali d’esercizio di quegli anni. Si crea, anzi in verità viene creata, una situazione contabile ufficiale non veritiera, sullo stato dei conti e della gestione amministrativa del Comune di Foggia. Per nulla illegale, direbbero Ciliberti ed i suoi amministratori, visto che le voci contabili ordinate, o meglio, così aggiustate, rientravano nella tecnica contabile, se mai discutibile, da chi è un onesto e capace esperto in materia, ma in tanto pure ancora discutibile. E i foggiani? Che ne sapevano dei debiti accumulati in quel quinquennio cilibertiano? Ma come. L’interruzione dei servizi di fornitura elettrica, telefonica, d’acqua, che venivano interrotti al Comune, spesso? I foggiani dovevano capire che il loro Comune non aveva soldi in cassa, nemmeno per pagare dei servizi essenziali. E’ comunque Ciliberti sindaco che dalla Corte dei Conti di Bari, sulla base della verifica dei conti consuntivi, cominciano a partire richiami ufficiali sulla tenuta contabile dei conti del Comune di Foggia, seguiti dall’invito agli amministratori di risanarli. Cosa mai fatta. Gianni Mongelli, il sindaco seguito a Ciliberti, come appare nella foto che documenta il passaggio delle consegne, è del tutto sereno nel momento della successione. Si potesse fare di Mongelli la testimonianza che i cittadini foggiani all’epoca non sapevano nulla della situazione disastrata in cui versava il loro Comune, bene, basterebbe guardare nella solita foto come è sorridente il primo dei cittadini foggiani, come egli applaude il suo predecessore Ciliberti. Si potesse fare di Mongelli.... scrivemmo. Ma non si può. Egli non è cittadino comune. All’epoca era soggetto politico, prima candidato, poi eletto sindaco. Proveniva dallo stesso partito politico di Ciliberti. Egli sì che sapeva cosa l’aspettava nel momento dell’accettazione della situazione di cassa del comune che stava per amministrare. Anzi, la sua figura politica, fu senz’altro scelta dal Partito per ‘recitare’ e rappresentare il cittadino foggiano gabbato, ‘mazziato’ e che se ne deve sta’ pure tranquillo, come recita appunto il nostro Mongelli. Che continua a fare il povero diavolo, pure quando decide di svendere ‘gattone gattone’ beni del patrimonio cittadino dei foggiani. E ci chiediamo ancora: “Ma i foggiani, che sanno di tutto ciò? Che ne pensano?”

Quei foggiani che miriamo dall’alto, mentre continuano la loro vita operosa, paziente o apatica o sofferente ma onesta, rispetto ad una politica infamante. Più divertente, rasserenante, è la visione delle mutande dell’anziana signora, appese ad asciugarsi, al balcone, là sotto. Almeno sono pulite. A differenza dei panni sporchi e della faccia e dell’anima indecenti di certe persone. gma

mercoledì 5 gennaio 2011

Va’ Pensiero.

Va’ Pensiero.

A questo nuovo anno, il 2011, manca una ventata intellettualistica. Che giunga come tempesta, che col pensiero d’una libera democrazia, spazzi via, lungo l’Italia intera, la banalità, la faciloneria, d’una società inerte, se non schiava. Come è avvenuto nei secoli scorsi, dove essi rivoltarono situazioni simili, i moti dell’intelletto giungono inarrestabili, nonostante le migliaia di chilometri di distanza, il filo spinato, la minaccia di morte delle armi. Valicano gli ostacoli naturali e le tirannidi umane, per animare lo spirito dei giovani, col sentimento inconfondibile e unico della libertà, della comunione democratica. Che ritorni in questa nazione, il canto alla libertà universale, come quello del “Va’ pensiero”, del nostro Giuseppe Verdi. Un inno alla società italiana, affinché essa si liberi dalla schiavitù in cui si consuma con timore, oramai inerte, nello stato confuso d’una cittadinanza oramai succube. Si tratta d’un rimpianto, inattuabile nei tempi presenti? Eppure non ci riferiamo al pensiero dell’individuo trasognato, oppure a quello di menti mitomani. Pensiamo al valore significato, vale a dire al principio che discenda dalla conoscenza pratica dell’uomo pensante, a quello che è comunemente condiviso dalla popolazione, su come deve funzionare la società civile. Perché ci sembra che il sistema della nostra civiltà sia di nuovo schiavo di una politica inetta e per questo prepotente. Abusando di termini dal significato esteso eppure non travisabile, come quelli di ‘cultura liberale’, di ‘governo liberale’, l’attuale pratica del governo di questa Italia, è riuscita anche a divorarsi quella dicotomia in uso nella scorsa società, lungo la quale oscillava e s’estendeva la critica separatrice di concetti in antitesi. Una pratica questa discutibile, quando essa venne usata soltanto per dare luogo ad opposizioni in sterile contrasto. Tuttavia apparvero definiti come mai i valori della nostra vita, da quella spirituale sino a quella sociale ed anzi politica.

Dopo che l’utilitarismo globale ha bandito confronti ed analisi concettuali, etichettandoli come inutili perdite di tempo, è venuta l’epoca dell’inesperienza, dell’inettitudine, sia culturale, sia politica. Non è detto che ciò sia dipeso dal sistema politico bipolare, adottato in Italia, dopo la rinuncia del nostro popolo alla sì detta prima repubblica italiana. Anche se, proprio in questo tempo politico, abbiamo visto i partiti rinunciare ripetutamente alle identità che li connotavano come parte della politica di questo paese, al fine di sottrarsi a quella dicotomia caratterizzante di cui dicemmo, al fine di rientrare nel concetto politicamente esteso di una nuova repubblica liberale. In verità quanto il sistema politico italiano ha sviluppato nell’ultimo quindicennio, non è stato maturato da una nuova condizione della politica italiana, tanto meno dalla recente esigenza dello sviluppo specifico della popolazione italiana. Il mercato globale, l’avvento della globalizzazione, col posizionarsi di ogni politica nazionale nella partecipazione all’interesse generale e all’economia predominante del mercato mondiale, ha segnato l’avvento di una politica che, falsamente e strumentalmente, s’è proclamata di tipo liberale. Insomma, in una maniera molto comunicativa e poco dotta, la politica insediatasi in Italia dopo la prima repubblica, questa volta palesemente espressiva del potere elitario, ha compiuto in danno del popolo italiano l’ennesima truffa politica. Per occultare le sue ultime ambizioni utilitaristiche, di lobby, di partito e personali, s’è data una facciata, quella della politica liberale, del progresso nazionale allineato con le nazioni estere più avanzate. Ciò anche se nel nostro paese, sino dai tempi del costituirsi in Stato, un retroterra culturale davvero liberale non c’è stato. Anche la famosa Destra storica, ossia il gruppo di politici e intellettuali liberali che raccolse l’eredità di Cavour, operò in un paese per tanti aspetti estraneo alla cultura e alle abitudini di vita della società liberale.
Giustamente l’arguto giornalista Marcello Veneziani dice che è stanco di sentir ripetere da anni, sia dalla politica di destra sia da quella di sinistra, che vogliono attuare in Italia una moderna politica liberale. “Il centro-destra parla di cultura liberale, l’opposizione invoca l’avvento di una destra liberale, molta sinistra e i radicali si definiscono liberali, i giornali non ne parliamo; sono tutti sulla linea liberale. Sembra che l’unica cultura ammessa a parlare, l’unica cultura davvero moderna, positiva e moderata, sia quella liberale. Poi vedi la realtà e ti accorgi che di liberale c’è poco e nulla.” Vale a dire che se oggi facciamo un’analisi verace e non militante del quadro politico, troviamo poco o nulla di realmente liberale: troviamo residui di ideologie comuniste e socialiste, cattoliche e fasciste, rinnegate nei principi ma non nei metodi.

E anche le nuove culture, i nuovi partiti, hanno poco di liberale. Ma i politici italiani, veri animali caparbi, continuano a dire di cultura liberale, di politica culturale liberale. Il termine ‘liberale’ è diventato un’aggettivazione tanto diffusa ed altrettanto vuota di significato, per questa politica, che dovrebbe governarci ed invece s’è persa in una falsa dialettica. Liberale? Certo è il termine che meno santifica la politica attuale presso il popolo italiota, cattolico-dipendente, sempre legato ad un calendario che ha per ogni giorno anche più santi, dove certo non troverebbero annotazione i miracoli d’una politica liberale, di questo o quel partito. Grazie al cielo, o ai santi, il popolo italiota, a causa di quello spazio critico che sta tra una sponda e l’altra, s’è rotto persino dei santi, figurarsi con questi manovali d’una politica cui non resta né identità di parte, né intelligenza di governo, liberale o meno che questa sia. Dopo 150 anni di repubblica, il popolo italiano pretende dalla politica, fatti onesti, capaci di sviluppare la vita comune della nazione, anche se in sincronia ed in progressione con l’economia e la finanza dei grandi gruppi di potere. Che ciò si chiami poi liberale, non sarà un problema. gma