mercoledì 7 dicembre 2011

STOPPATE QUESTO SINDACO. L’AMMINISTRAZIONE MONGELLI ALL’ULTIMO POSTO DEI COMUNI ITALIANI.

Ma con questo sindaco Foggia andrà più giù.


«Ho appreso che in questi anni la mia città è diventata il peggior posto dove vivere in Italia. Il peggiore in assoluto. Cosa è successo, mi viene da chiedere? Chi ne porta la responsabilità? Chi pagherà per questo e cosa si intende fare per migliorare e migliorare subito

Lo dice Ivan Scalfarotto, vicepresidente nazionale del Partito democratico, nato a Pescara ma cresciuto a Foggia, commentando sul proprio blog la notizia che la provincia di Foggia è all'ultimo posto nell'ultimo Rapporto annuale sulla qualità della vita del Sole 24 Ore. Detto da lui non sarà antipolitica, perché lo dice un pezzo grosso del PD; neppure sarà la solita retorica, quel luogo comune di chi ce l’ha con ‘quelli’ del Municipio di Foggia.

Il peggior posto dove vivere in Italia. Il peggiore in assoluto: Foggia. Della quale è Sindaco il Gianni Mongelli della foto a fianco. Il quale sono due anni che vede la città da lui amministrata relegata sempre più giù nella classifica sulla qualità della vita nelle città italiane. Più giù di così non si va. Ma con questo sindaco Foggia andrà più giù. Ne sono ormai convinti tantissimi cittadini foggiani.

Foggia peggiorerà fino a quando la politica locale rimarrà politic…onza ed i politici locali politicanti.

D’altronde, anche quest’anno, sia il Presidente dell’Ente Provincia di Foggia, sia il Sindaco, come commentano l’esito negativo totalizzato dalla Provincia, dalla Città, da loro amministrate, nel rapporto del Sole 24 Ore? Cercano di minimizzare, se non di confutare in assoluto i dati su cui fu basata l’indagine. Un blaterare il loro, indegno quanto la politica che essi stessi gestiscono. Le tristi condizioni della vita territoriale sono sotto gli occhi dei foggiani. Che i motivi del suo degrado, sono purtroppo divenuti peggiori rispetto a quelli dell’anno passato, è del tutto evidente. Non per i principali responsabili del governo locale.

Ed è indubbio che dopo aver indicato nella politica in genere, nella sua debolezza fatta di corruzione e d’incapacità, le ragioni complessive del degrado funzionale che affligge la vita civile qui a Foggia, poi si debba passare a valutare comportamenti e fatti delle persone alle quali, su elezione, fu affidato l’esercizio della pubblica amministrazione di questo territorio. Qualsiasi condizione di vita della società civile e democratica, discende direttamente dai suoi amministratori pubblici.

Per ciò colui che scomoda la storia dell’ultimo settantennio, relativa all’andamento economico in recessione della nostra Provincia, quand’anche egli conduca questo studio con onestà d’intelletto (che storia sarebbe, altrimenti?), non può limitarsi a citare fatti rilevanti, slegandoli dai soggetti che li posero in essere. Ad esempio, quando egli attribuisce all’instaurazione da parte dello Stato italiano del governo regionale, dall’inizio patrigno verso la nostra Provincia, la decadenza della nostra economia. Chi furono (nome e cognome) coloro eletti dal popolo dauno per gestire la cosa pubblica, per amministrare responsabilmente la crescita civile di noi foggiani?

Una storia senza nomi e priva dell’implicazione dei suoi attori non è storia.

Noi, d’altronde, attendiamo ancora la storia dei politici che hanno sperperato il denaro della società foggiana, spinto il Comune di Foggia al dissesto finanziario: disamministrando, facendo scempio d’ogni criterio amministrativo, assassinando il ‘padre di famiglia’ dei foggiani. Di fatto, ancora oggi, noi cittadini siamo tenuti all’oscuro circa l’esatto ammontare dei debiti del nostro Comune. Né conosciamo, alla faccia della trasparenza che devono ai cittadini le pubbliche amministrazioni, le contropartite relative alle spese con cui fu indebitato il Comune di Foggia.

Ci sarebbe di conforto sapere che nuove strade resero intanto più funzionale la nostra Città. Che nuove opere d’uso pubblico l’abbellirono. Che servizi moderni ed efficienti agevolavano la vita dei residenti. Che qualche buon investimento, ha come contropartita arricchito il patrimonio cittadino. Ieri, una televisione locale ha ripreso il cortile-deposito dell’azienda consociata al Comune, detta “AMICA”, che gestisce la pulizia della Città. Che vista sciagurata e triste. Un deposito di rottami. Macchine e macchinari rotti, privi di pezzi parte. Quei pochi che s’intuiva fossero in servizio, apparivano logori e prossimi a farsi rottami. Quanto sarebbe stato consolante vedere che i debiti contratti per noi da amministratori immorali trovavano documento nell’acquisto sconsiderato di macchine nuove tecnologicamente per la pulizia delle aree cittadine. Invece ai nostri occhi appare una città sporca in ogni luogo, per la mancanza dei mezzi tecnici necessari.

Questo è il corso degli eventi attuali riguardanti la nostra Città. Una storia che non è storia, perché non ha ancora individuato, per nome e per cognome, i responsabili del suo scempio. gma


sabato 3 dicembre 2011

STOP ALLA II REPUBBLICA.


Che la Politica venga riformata e rivoluzionata interamente, secondo il giudizio del popolo sovrano, sotto il controllo di un Presidente della Repubblica che abbia nuovi poteri.

La crisi della quale, in questi giorni, tanto e fin troppo si parla, tanto e troppo c’informiamo, è soltanto economica? Oppure è anche politica, sociale? E poi: essa riguarda solo l’Italia? O anche l’Europa? O l’intero mondo produttivo e industrializzato?

E’ in difficoltà lo sviluppo economico di tutta la società civile. Traballa il mercato globale, tanto invocato negli anni appena scorsi, e che oggi è sotto il controllo del fondo monetario internazionale, giudice predominante e severo d’ogni economia nazionale: con le sue drastiche ed inappellabili regole di valutazione della ricchezza e del rischio di deflazione d’ogni nazione.

Quanti Stati sono messi a margine o fuori stima, sia nel settore del lavoro, sia in quello della produzione di ricchezza, ritenendosi oramai intollerabile il debito pubblico da essi accumulato?

La materia è quella della politica economica d’ogni nazione. Il che richiama anche la responsabilità, l’incapacità ormai manifesta della politica nazionale dei grossi stati, ad amministrare e tenere in bilancio i loro conti.

Ovviamente le ragioni della crisi sono globali. E’ dal fondo monetario internazionale che parte il giudizio circa la solidità finanziaria delle economie dei Paesi industrializzati ed in via di sviluppo, nel mondo produttivo globale. Il tema in particolare è quello del cosiddetto ‘debito sovrano’ d’ogni nazione. Il tema più in generale riguarda la crescita produttiva d’ogni nazione. Quando in un Paese s’azzera la produzione, se i costi di quella società non diminuiscono proporzionalmente, aumenta l’entità passiva del debito nazionale.

Il problema si complica quando sul mercato globale sono presenti ed in concorrenza più monete incostanti, ognuna delle quali accorpa l’economia di un gruppo di nazioni, o quella di una vasta area geo-mondiale. Pensiamo al dollaro degli Stati uniti d’America, all’euro della Comunità Europea, nonché al valore crescente dello yuan, unità monetaria della Cina.

La contesa monetaria oggi in atto è quella tra dollaro ed euro. Una contesa avviata dalla crisi della politica economica statunitense e da quella della comunità europea. Crisi aggravate ed esasperate dalle speculazioni effettuate dai grandi capitali mondiali, dai grandi investitori mondiali, con le contrattazioni monetarie, col cambio di valuta: cioè la negoziazione di una moneta contro un’altra.

Detto questo, ci chiediamo in che situazione finanziaria ed economica si trovi oggi l’Italia. Valutando anche le sue conseguenze politiche e sociali sulla vita del popolo italiano. In questa analisi preferiamo focalizzarci sulla società italiana, sugli eventuali cambiamenti di vita che essa ha avuto e non solo a causa di una crisi economica che data pochi anni. Questo perché riteniamo che sia la crisi economica, sia quella sociale, siano comunque l’effetto prodotto da una società in un dato periodo temporale. Poi perché riteniamo possibile che ad una crisi economica internazionale, possa accompagnarsi e legarsi una crisi nazionale, producendo una concatenazione di cause e di effetti dalla quale entrambi i filoni subiscono accelerazione.

Della famiglia italiana, diciamo che essa ha lasciato indietro vecchie emotività, anche riconducibili al suo sentimento religioso, per raggiungere una razionalità che genera anche lucidità e concretezza, prima d’ogni altro aspetto, soprattutto nel rapporto con lo Stato e con la Politica di governo. Perciò questa crisi finanziaria ed economica, arrivata da lontano, è vissuta dalla famiglia italiana, rispetto a periodi similari di crisi, con nuovo coraggio. Una fermezza che la classe politica italiana ha invece interpretato come debolezza ed indifferenza, al punto da fare della crisi economica del nostro Stato, più una questione per mantenere fumosi ed inutili conflitti tra partiti, piuttosto che il momento indifferibile per prendere forti decisioni, d’accordo con il popolo italiano. Liberalizzazioni, riequilibrio dei conti di Stato, riduzione della spesa pubblica, equi sacrifici per ogni classe sociale del popolo italiano. La politica aveva tanto da fare, e con urgenza; invece il popolo italiano ha assistito al declino del dibattito socio-politico, quello cioè che consente di realizzare l’intesa responsabile, di sintetizzare il pensiero collettivo, necessari per superare il momento della crisi.

Prima di passare alla politica italiana, facciamo una considerazione: è strano che essa, dopo il trionfo dell’economia finanziaria che, dall’avvento della seconda repubblica, ha nominato direttamente i soggetti funzionari della politica, non sia riuscita a mettere in campo dei tecnocrati, esperti di politica economica. Il quadro della politica italiana, che ha governato(?) (anche dall’opposizione) questa crisi non è mai apparso tanto incompetente, tanto inefficace, oltre che pervertito. A parte la certezza che non è una classe politica subordinata alla finanza che sa e può gestire lo sviluppo della società. Sappiamo come si sia reso necessario l’autorevole intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per porre fine all’inutile contrasto tra partiti, che ha di fatto consegnato il nostro Paese alla speculazione internazionale. Il Presidente Napolitano ha ritenuto bene di porre questa politica debole e inerme sotto tutela. I Partiti della politica nazionale ci sono sempre, secondo il dettato della nostra Costituzione, però gli attuali ministri ed il Presidente del Consiglio non sono estrazione di quella loro politica, che nemmeno tanto sapeva di politica vera, in quanto subalterna al consenso dei gruppi di potere. Non dimentichiamo che negli ultimi anni erano i punti statistici del consenso, rilevati quotidianamente ad uso dei partiti, a determinare il fare pseudo politico.

Il nuovo governo Monti, incaricato dal Presidente di salvare il Paese sia dalla crisi economica nazionale, sia dalla speculazione internazionale, in appena due settimane ha allestito la serie di provvedimenti legislativi con cui recuperare al nostro Paese la fiducia dei mercati finanziari e del fondo monetario internazionale. Inoltre ha trasmesso il segnale che l’Italia ha iniziato a porre sotto controllo i suoi conti pubblici, a rilanciare l’economia produttiva, con competenza e serietà, al costo anche di duri sacrifici per l’intero popolo degli italiani. Mentre i portavoce delle lobby di potere s’agitavano e fomentavano il popolo, questo Governo ha presentato i suoi primi provvedimenti.

Quanta differenza, in carattere di stile, di competenza, di serietà, tra questi ministri e l’intera casta e l’intero gruppo di politici che ci hanno negli ultimi anni tediati e schifati con l’aria ammorbante dei loro vuoti cervelli. Abbiamo parlato dello stile del nuovo governo, percepito nel corso della conferenza stampa tenuta dal Presidente del Consiglio Monti e dai ministri competenti per la materia delle decisioni statuite (ma altri ministri erano presenti nel salone della conferenza). Sia chiaro che ci riferiamo alla competenza, alla serietà, all’oggettività concreta, al nuovo modo di lavorare in gruppo, al desiderio di informare il pubblico, con cui questi signori Ministri rappresentano la Politica italiana. Essi hanno dato prova d’essere capaci di portare a termine l’impegno ricevuto: salvare la dignità dell’Italia. gma